“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

domenica 1 giugno 2008

I palestinesi insegnano ...anche strangolati dal'occupazione

Permacultura in Palestina
di Marinella Correggia
il Manifesto, 31 maggio 2008

I duemilaseicento abitanti di Marda, nella regione Salfit a nord di Gerusalemme, vivono all'ombra di Ariel, uno dei principali insediamenti di coloni nella West Bank. Il villaggio e i suoi abitanti hanno perso metà della terra nella costruzione di Ariel e continua a perderne a causa del muro. La penuria in denaro da parte della comunità locale è tale che le due scuole sono state chiuse per mesi, di recente. Sono all'ordine del giorno incursioni armate, restrizioni nei movimenti, carenze idriche mentre gli orti di Ariel sono lussureggianti. L'impressione è che il villaggio sia a poco a poco ma sistematicamente strangolato, le sue risorse annesse agli insediamenti. Insomma fare agricoltura in una zona simile è sempre più difficile. Ancora più particolare è che lì esista e lavori un centro di permacultura come la Marda Permaculture Farm, avviata da Murad Al Khuffash. La permacultura, cos'è? Una filosofia molto pratica che progetta insediamenti umani imitando il più possibile gli ecosistemi naturali. L'obiettivo è ripristinare sistemi produttivi umani e naturali equilibrati e stabili, in grado di automantenersi e rinnovarsi con bassi input di energia. Il concetto di permanenza in economia fu sviluppato dall'economista gandhiano J.C. Kumarappa. La permacultura come modello agricolo fu sviluppata alla fine degli anni 70 dall'australiano Bill Mollison. Comprende la produzione di alimenti, fibra ed energia, creando cicli naturali e favorendo le relazioni sinergiche fra gli elementi. Si applica anche alla progettazione di comunità e sistemi economici. Insomma soluzioni pratiche ai problemi con i quali ci si confronta a livello globale. Policolture, pacciamature, concimazioni verdi, la vita del suolo favorita cercando l'equilibrio per evitare infestazioni o malerbe, coltivazioni senza lavorazione della terra, tutto per la transizione verso una agricoltura veramente rigenerativa. Ciò si accompagna alla raccolta dell'acqua piovana, al riciclo dei rifiuti e dei nutrienti domestici e locali, al compostaggio anche delle deiezioni umane, alle autocostruzioni con pietra, terra, paglia, pneumatici. Comunità, auto-conoscenza con gli altri, lavoro in gruppo completano il quadro. Insomma, prendersi cura della terra, condividere le risorse, prendersi cura della gente sono considerati i principi etici di fondo. Molti ecovillaggi in giro per il mondo fondano la loro organizzazione materiale e sociale su questi principi. Il bello è che Murad li sta applicando anima e braccia nella Marda Permaculture Farm. «Ci sono diversi modi di lottare contro l'occupazione; il mio è diffondere la permacultura», dice Murad Al Khuffash. Nel contesto palestinese con meno terra e meno acqua di prima a causa degli insediamenti israeliani, la sfida è non solo resistere ma riuscire a realizzare un'agricoltura intensiva su piccole superfici. Ottimizzando le risorse e l'organizzazione del lavoro ci si può riuscire, ci sono esperienze di orti che in pochi metri quadrati nutrono un'intera famiglia. La Marda Farm con poche risorse a disposizione - alcune raccolte a livello internazionale dallo storico agroecovillaggio pacifista internazionalista The Farm, nato negli Usa negli anni 70 - sta organizzando corsi pratici per piccoli coltivatori e abitanti dei 22 villaggi dell'area Salfit. Il primo obiettivo è riconnettere le persone con la terra, la terra che rivendicano come popolo, e ridurre non solo la povertà nella regione ma anche la dipendenza da Israele. La permacultura per principio si plasma sulle situazioni locali. Nel caso specifico, i seminari riguardano il «disegno» di orti e frutteti biointensivi (l'impostazione iniziale è fondamentale), il compostaggio, la protezione ecologica delle colture, il mantenimento dei tradizionali terrazzamenti palestinesi. Ma anche la raccolta e il risparmio dell'acqua, la depurazione e riuso delle acque grigie, l'autoproduzione di energia per scopi agricoli e domestici, la conversione dei rifiuti in risorsa, la costruzione di case con materiali naturali dell'area come pietre, argilla e paglia.

PER SOSTENERE IL VILLAGGIO DI MARDA:


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reportage fotografico di M. Trotter e P. Luzzati



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