“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

giovedì 28 agosto 2008

Estranei nella propria terra


Lunedì 8 settembre

Ore 20,30: incontro con Rajeh Zayed, segretario nazionale dell’UDAP
(UDAP: Unione Democratica Arabo Palestinese).
Ore 21,30: proiezione del film "Estraneo a casa mia, Gerusalemme" regia di Sahera Dirbas.

“Estraneo a casa mia, Gerusalemme”: film documentario girato per i 40 anni dalla Guerra dei Sei Giorni, ma egato anche agli eventi della Nakba (Catastrofe, 1948). I protagonisti sono protagonisti otto palestinesi che originariamente vivevano nella zona Ovest di Gerusalemme da cui furono cacciati quando gli israeliani nel 1948 entrarono in quella parte della citta'. Nel documentario i palestinesi prima raccontano le loro vicende personali nel 1967, quando Israele ha occupato anche la zona Est della citta', e dopo si recano alle case di Gerusalemme Ovest da dove furono espulsi. In alcuni casi si incontrano e discutono con gli israeliani che ora occupano quelle abitazioni. I colloqui offrono interessanti spunti di riflessione. E' da notare che i protagonisti in quasi tutti i casi appartengono alla classe media palestinese e le abitazioni che si sono visti confiscare hanno oggi un valore di mercato che, talvolta, e' superiore al milione di dollari.

Sahera Dirbas, nata e cresciuta ad Haifa, residente a Gerusalemme. È una film-maker indipendente, ha pubblicato tre ricerche su altrettanti villaggi arabi distrutti nel 1948 e ha prodotto un documentario sulla sua citta'.

a cura di: Studenti Palestinesi - Comitato Palestina Bologna

Parco Nord - Festa dell'Unità, Piazza Globale

Rompiamo l'assedio a Gaza

Nel pomeriggio del 23 agosto le due imbarcazioni Free Gaza e Liberty sono sbarcate a Gaza con a bordo 44 attivisti, di 16/17 diverse nazionalità; tra loro due “nonnine”: una suora di 81 anni ed una sopravvissuta all’olocausto di 84 anni; Jeff Halper, israeliano da anni attivo contro le demolizioni delle case palestinesi da parte di Israele (Jeff Halper è presidente della ICAHD - Israeli Committee against House demolition, http://www.icahd.org/eng/) e molto critico contro la politica israeliana di occupazione e distruzione dei territori; Lauren Booth, cognata di Tony Blair; Vittorio Arrigoni, unico italiano.

Il 26 agosto la Free Gaza,ha scortato sei pescherecci palestinesi consentendogli di allontanarsi fino a una distanza dalla costa di 10 miglia nautiche, Israele impone come limite 6 miglia ai pescatori palestinesi. Negli ultimi anni 14 pescatori sono stati uccisi e una settantina sono stati arrestati dalle motovedette israeliane. “Fino all'inizio dell'Intifada, nel 2000, i pescatori di Gaza potevano allontanarsi fino a 12 miglia nautiche - una distanza comunque inferiore alle 20 miglia stabilita dagli accordi di Oslo - e riuscivano a pescare anche 3mila tonnellate di pesce ogni anno. Oggi questo settore è moribondo, come ha denunciato anche la vicepresidente del Parlamento europeo Luisa Morgantini. Lo scorso anno sono state pescate appena 500 tonnellate di pesce e dei 3.500 pescatori solo 700 sono ancora impiegati in un settore che prima dava lavoro a migliaia di persone. A ciò si aggiunge la penuria di carburante - frutto dell'embargo israeliano - che ha costretto i pescatori a ricorrere ai trucchi più fantasiosi, come usare l'olio da cucina usato invece della nafta, per poter uscire in mare.” (M. Giorgio, Il Manifesto - 26 agosto). “Il blocco navale israeliano è illegale, i palestinesi hanno il diritto di usare le loro acque per scopi pacifici. Penso all'arrivo a Gaza di navi cariche di aiuti per la popolazione palestinese e all'avvio di un traffico commerciale. Certo, Israele fa le sue minacce ma non può aprire il fuoco su navi che portano cibo e medicinali ai palestinesi e non mettono in alcun modo a rischio la sua sicurezza. Chi ha intenzioni pacifiche può e deve osare”, afferma Lauren Booth in un’intervista di M. Giorgio (Il Manifesto del 26 agosto).

Gli attivisti intendono ripartire per Cipro con dieci studenti palestinesi ammessi ad università straniere, a cui Israele rifiuta il permesso di partire. I pacifisti si attendono di essere fermati dalla Marina militare israeliana. Lo Stato ebraico oggi ha peraltro fatto sapere che nei prossimi giorni intende compiere manovre militari in acque internazionali vicine alle acque territoriali di Gaza.

Intanto Jeff Halper, ha tentato di tornare a Gerusalemme attraverso il valico di Erez, tra Gaza e Israele, e dopo aver atteso circa due ore sul versante palestinese del terminal, e' stato autorizzato ad entrare nello Stato ebraico. Subito dopo e' stato portato alla stazione di polizia di Sderot dove e' stato interrogato per circa un'ora prima di essere rilasciato. La notizia di oggi è che Jeff Halper è stato arrestato, la portavoce della polizia ha diramato questa comunicazione: "Jeff Halper è stato arrestato al passaggio di Eretz, in quanto era sulla nave per rompere l’assedio ed è entrato nella Striscia di Gaza dal mare, violando le leggi israeliane. Ha anche violato quelle che vietano ai cittadini ebrei di entrare nella Striscia". Una legge dello Stato ebraico vieta categoricamente l'ingresso di cittadini israeliani nei territori autonomi palestinesi.

website della missione: www.freegaza.org

giovedì 7 agosto 2008

Le Ong accusano i servizi israeliani "Informazioni in cambio di cure"

Un'organizzazione umanitaria denuncia i metodi estorsivi dei servizi "Negano assistenza sanitaria ai palestinesi che si rifiutano di fare la spia"

da la Repubblica

http://www.repubblica.it/2008/08/sezioni/esteri/servizi-israeliani/servizi-israeliani/servizi-israeliani.html

"Parla apertamente e non avrai problemi a tornare in Israele, altrimenti ...". Sono molte le minacce, esplicite o indirette, fatte dai servizi segreti israeliani ai palestinesi che vanno a curarsi in Israele. Lo denuncia l'organizzazione umanitaria "Physicians for human rights" (Phr), nota anche per i suoi report su Abu Graib, Guantanamo e le torture nelle carceri afghane. Il rapporto dell'organizzazione umanitaria si basa sulle testimonianze di oltre 30 palestinesi.

Bassam al-Wahidi, un giovane giornalista palestinese vicino a Fatah, ha raccontato all'Ong di esser stato portato più volte in stanze sotterranee e lì minacciato che, se non avesse dato informazioni, gli avrebbero negato l'accesso alle cure mediche in Israele. Situazione complicata quella di al-Wahidi: se da un lato curarsi in Palestina è quasi impossibile perché gli ospedali vengono giù a pezzi e sono stracolmi, dall'altro "chi parla", al ritorno, è condannato a morte. Il giovane al-Wahidi, che si è rifiutato di collaborare, ha dovuto interrompere le cure per un problema alla vista: adesso è completamente cieco all'occhio destro e presto lo sarà del tutto.

Nonostante l'uso dei civili a scopi di guerra sia espressamente vietato dal diritto internazionale, Israele continua a mostrarsi sordo a ogni richiamo. Secondo il rapporto di Phr, l'organizzazione umanitaria statunitense formata da medici e operatori sanitari che si impegnano per il rispetto dei diritti umani, i ricatti dello Shin Bet in alcuni casi hanno avuto come oggetto della "transazione" cure essenziali alla stessa sopravvivenza dei palestinesi.

E' il caso di Abu Obeid, un operaio palestinese di 38 anni che soffre di cuore e da anni si reca in Israele, dove gli hanno impiantato un pacemaker. Ma un anno fa un ufficiale israeliano lo ha ricattato: "Facciamo un patto: tu mi dai un'informazione e io ti semplifico l'ingresso in Israele". Abu Obeid si è rifiutato di parlare e l'ufficiale gli ha negato il permesso. Da quel giorno Abu Obeid sta aspettando che un team israeliano di medici possa entrare a Gaza per controllargli il pacemaker. Un ufficiale israeliano, Shlomo Dror, in una nota alla France Press, ha smentito qualsiasi ricatto: "E' una prassi che chiunque entri in Israele debba essere interrogato sui motivi della sua visita e se appartenga o meno a un'organizzazione teroristica - si è giustificato l'ufficiale - d'altronde per noi sarebbe inutile cercare di carpire informazioni da loro, poiché al ritorno in Palestina sarebbero subito tacciati di collaborazionismo".

(4 agosto 2008)

martedì 5 agosto 2008

Strage di Bologna: il depistaggio palestinese

di Germano Monti - Forumpalestina

[...] «Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità», specialmente se a ribadirla sono alte cariche istituzionali, come un ministro della propaganda ieri o un sindaco oggi. [...]
LEGGI SU:

Risposta del PFLP all'accusa di Cossiga

Former Italian Prime Minister fabricates lies against the Palestinian people
The Popular Front for the Liberation of Palestine totally rejects the statements of former Italian prime minister and Senator for life, Francesco Cosiga, that were published in the Lebanese newspaper, Al-Safir, on July 9, 2008 in Issue no. 11044. Cosiga, speaking with the Italian newspaper "El Courier Delaciera," falsely accused the PFLP of masterminding an attack on the Bologna train station in northeastern Italy 28 years ago.
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venerdì 1 agosto 2008

«Rompere l'assedio», i pacifisti preparano lo sbarco a Gaza

di Michele Giorgio

Cresce di giorno in giorno l'attesa ma anche il timore di un intervento israeliano intorno al viaggio delle Free Gaza e Liberty, le navi con a bordo una quarantina di pacifisti internazionali, tra i quali una nota sopravvissuta all'Olocausto, Hedy Epstein (84 anni), che avrà inizio il 5 o il 6 agosto da Cipro in direzione della Striscia di Gaza con l'obiettivo dichiarato di rompere l'assedio israeliano.
Il piano comincia a suscitare nervosismo a Tel Aviv. Dalle pagine del quotidiano Haaretz il giornalista Barak Ravid ha riferito che Israele segue con grande attenzione i preparativi del viaggio in mare, nella consapevolezza che se i pacifisti riusciranno ad entrare nelle acque davanti alla costa di Gaza - dichiarate «zona di massima sicurezza» dalla marina israeliana - potranno sollevare un caso internazionale, di notevole interesse mediatico, specie se verranno respinti con la forza o arrestati. Israele ora sta cercando di identificare le navi e gli organizzatori del viaggio ma anche di esercitare pressioni sulle autorità cipriote che, da parte loro, dicono di non aver alcun motivo legale per fermare l'iniziativa. Secondo Ravid non è però escluso che i vertici politici e militari israeliani possano alla fine ordinare un «non-intervento», in modo da limitare l'impatto dell'azione dei pacifisti internazionali.
Israele durante la prima Intifada, riuscì a impedire la partenza da Cipro dell'Awda, la nave del «Ritorno» noleggiata da centinaia di attivisti palestinesi per realizzare un simbolico rientro nella loro terra. Nonostante il ritiro israeliano da Gaza, nel 2005, le acque della Striscia sono attentamente sorvegliate dalla marina dello Stato ebraico - ufficialmente per impedire il traffico di armi - che oltre a impedire a qualsiasi nave di avvicinarsi, ha anche imposto un limite di pesca di 6 miglia nautiche ai pescatori palestinesi, causando così il crollo di un'attività che rappresentava la fonte principale di reddito per molte decine di famiglie. I passeggeri della Free Gaza e della Liberty, hanno spiegato ieri gli organizzatori durante una conferenza stampa ad Atene, intendono entrare nelle acque territoriali palestinesi e, con l'aiuto di imbarcazioni di Gaza, raggiungere la spiaggia dove verranno accolti come «liberatori» da varie ong locali come il Comitato popolare contro l'assedio, la Mezzaluna Rossa, il Medical Relief e il Centro di Gaza per i Diritti Umani, nonché da molte migliaia di abitanti. «Ci piacerebbe arrivare a Gaza e pescare assieme ai palestinesi, dare il nostro aiuto alle strutture sanitarie locali e lavorare nelle scuole.
Nessuno può rimanere indifferente di fronte a 1,5 milioni di esseri umani, di fatto prigionieri, che soffrono a causa dell'assedio israeliano», aveva spiegato nei giorni scorsi Hedy Epstein. Ma ciò rimarrà con ogni probabilità solo un sogno, perché l'ipotesi più probabile è quella di blocco da parte della marina israeliana della Free Gaza. D'altronde gli stessi organizzatori, le associazioni «Free Gaza Movement» e l'«International Solidarity Movement» (Ism), sanno che il viaggio difficilmente arriverà a conclusione ma sperano di poter almeno rendere più visibile agli occhi dell'opinione pubblica internazionale che Gaza era e rimane una grande prigione, nonostante il ritiro israeliano avvenuto tre anni fa. L'iniziativa, finanziata con circa 300mila dollari frutto di donazioni giunte da tutto il mondo, ha il sostegno anche di alcuni europarlamentari, di deputati di vari paesi, del Carter Centre, dell'arcivescovo e premio Nobel per la pace Desmond Tutu e di associazioni ed organizzazioni pacifiste ebraiche e palestinesi sparse in tutto il mondo.

http://www.forumpalestina.org/news/2008/Luglio08/31-07-08RompereAssedio.htm
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