“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

venerdì 20 agosto 2010

Inaugurato il Centro di documentazione sulla Palestina... ora inviate tanti libri e documenti e visitatelo!

Carissimi amici,

Invictapalestina in Calabria è stato un grande successo: partecipazione calorosa, grande accoglienza, decine di siti web hanno riportato l'evento e molti giornali locali hanno parlato di Palestina. Per la prima volta in una piazzetta di Pentone è stata letta una poesia in arabo e per la prima volta gli abitanti si sono lasciati coinvolgere dai balli e dalle musiche portate dai palestinesi ospitati durante la "due giorni".



Grande soddisfazione per Marco Ramazzotti e Wasim Dahmash per la presenza di cittadini attenti durante i loro interventi e altrettanti ringraziamenti dai pentonesi e non che hanno seguito il dibattito nonostante la serata fredda e ventilata.
Una bellissima lezione di storia ha dimostrato che un'altra informazione è possibile, lontana dalle risse e ingiurie che spesso siamo costretti a subire dai mezzi di informazione ufficiali.
Lunedi 9 agosto sono iniziate le partenze e i saluti, molti abbracci, molti scambi di indirizzi, molta emozione.
I giornali hanno parlato di noi, l'onda di discussione sulla Palestina continua a contaminare.

Ringraziamo tutti i volontari che hanno reso possibile la realizzazione dell'evento,
Mario il vicino di casa e Michele presenti in ogni momento, Peppino che ha lavorato alla griglia, Fiore che ha "jettato il Bando", Rita ed Antonia che hanno seguito i rapporti con la stampa, Ines che ha coordinato la lettura delle poesie, Tonia arrivata in treno da Bologna, Pina che ha fatto la spola da Lamezia Terme, Federico, Pati, Alfonso, Clara, Maria, e i Fiati che per 3 giorni hanno suonato per le vie del paese. Sicuramente ho dimenticato molti amici ed amiche, per esempio i nomi delle 20 donne di Pentone che hanno preparato altrettante torte da offrire agli ospiti, Marfisa che ha offerto il vino, Franca che ha preparato l'aperitivo per i suonatori e Rita che ci ha accompagnati con la sua chitarra, un grazie particolare agli attivisti della Proloco che ci hanno fornito tavoli, sedie, pentole e fornelli, all'Amministrazione Comunale per l'impianto voce e le apparecchiature multimediali, alla Direzione Didattica di Taverna che ha messo a disposizione la scuola per poter pernottare.
La cosa più importante!
Bella ed accogliente è la sede di Invictapalestina, grande è stato il momento inaugurale, ma la cosa più importante è rappresentata dalle persone che si sono avvicinate e che hanno deciso di collaborare con le loro idee, la loro arte, la loro fantasia.
Da oggi invictapalestina oltre al sottoscritto che viaggia da Torino a Pentone e Maria d'Erme di Roma che ha seguito e collaborato per la nascita del Centro, può contare su Ines, Rita, Maurizio e Anna Gesuita, amici di Pentone, che lavoreranno e rappresenteranno il Centro nelle varie attività locali. Altri attivisti ci aiuteranno da Lecce e Bologna e il Comitato di solidarietà con la Palestina di Torino ha assicurato la sua partecipazione diretta.
I Costi e i finanziamenti
Quanto è costato e chi ha finanziato l'evento?
Diritti per proiezione Invictus 156 Euro, pullman per portare i palestinesi a Pentone e poi il giorno dopo a Riace 300 euro, Contributo spese viaggio per i Fiati di Firenze 500 euro, acquisto e stampa 150 bandane e locandine 294 euro, rimborso viaggi 130 euro, spesa per preparare pranzi e cene per 3 giorni circa 400 coperti 420 euro. TOTALE 1800 euro, ricavato da sottoscrizioni e vendita oggetti 420 euro.
La spesa finanziata è stata di 1380 euro felicemente coperta da Danilo (Rivoli), Maria (Roma) e Rosario.

Non poteva andare meglio!

Dal 1 settembre foto e filmati sul sito www.Invictapalestina.org
Spedite le vostre foto: centro@invictapalestina.org

Un abbraccio
Maria, Rosario, Ines, Rita, Anna Gesuita, Maurizio, Tonia, Pati

vedi la notizia sui giornali locali:

di Rita Paonessa

di Antonia Marino


La Palestina vista da Maurizio, ragazzo pentonese

RAYMONDA HAWA TAWIL
La bambola di Dvora
Trovandosi a Haifa la mia scuola, mi sarebbe piaciuto molto andare a trovare mia zia. Ma lei era fuggita in Libano durante i combattimenti, credendo di assentarsi per qualche settimana soltanto. Terminata la guerra, non fu mai autorizzata a ritornare.
Una delle mie compagne di classe, assai gentile, era una ragazza ebrea di nome Dvora, alla quale volevo molto bene. Un giorno, mi invitò da lei. Arrivando vicino a casa sua, compresi subito dove mi conduceva: la sua famiglia occupava la casa di mia zia! La mia emozione raddoppiò quando trovai, entrando, i quadri di mia zia che ornavano sempre le pareti; era sul piano di mia zia che Dvora si esercitava. Ritrovai anche una bambola con la quale giocavo un tempo!
Era sconvolgente ritornare in questi luoghi che mi erano in una volta così familiari e cosí estranei. Siamo nel 1953, cinque anni dopo la guerra; ero fuori di me per la gioia nel ritrovare questi mobili e questi oggetti familiari intatti, esattamente come erano l'ultima volta che li avevo visti. Ma poi mi assalì una grande tristezza quando mi resi conto che era la casa che non riconosceva più me; essa era occupata da estranei, mentre mia zia e i miei cugini erano molto lontano, al di là della frontiera libanese, e non avevano alcuna possibilità di ritornare.
Quando lo dissi a Dvora, lei fu sconvolta quanto me.
- Prendi la tua bambola! - gridò - Siamo amiche!
Mi spiegò che i suoi genitori avevano ricevuto questa casa dal governo al loro arrivo in Israele.
- Veniamo dalla Polonia, anche noi siamo rifugiati. Abbiamo perduto tutto; tutti i nostri parenti sono morti nei campi di concentramento.
Più tardi, mi mostrò il numero di Auschwitz tatuato sul braccio di sua madre.
- Mi dispiace che abbiamo preso la casa di tua zia, mi disse, ma cerca di capire: se non fossimo venuti qui, noi saremmo finiti tutti nelle camere a gas...
Non provai alcun risentimento nei confronti di Dvora e dei suoi genitori. Sentivo che essi stessi avevano la consapevolezza che era ingiusto occupare la casa altrui.
- Presto i profughi avranno l'autorizzazione a ritornare alle loro abitazioni - mi assicuravano - e il nostro governo costruirà per noi nuove case... Allora gli Ebrei e gli Arabi vivranno insieme in pace...
Erano ingenui quanto me; non conoscevamo, né loro né io, le vere intenzioni del loro governo. Non fu mai permesso a mia zia di ritomare, e la famiglia di Dvora abitò venticinque anni in quella casa.
da: "La terra più amata" di Wasim Dahmash

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