di Mila Pernice
Il conto alla rovescia è iniziato. Dopo più di un anno di preparazione, che ha coinvolto una coalizione di oltre 20 paesi, centinaia di attivisti provenienti da decine di nazioni sono pronti a partire con l’obiettivo di rompere l’infame assedio della Striscia di Gaza e di lanciare alla comunità internazionale un messaggio forte e chiaro: non siamo disposti ad unirci alla vostra omertosa complicità con le politiche israeliane.
E’ questa la “Freedom Flotilla 2 – Stay Human”, che sta per levare le ancore per far prevalere la forza della ragione contro la “ragione della forza”, come quella perpetrata da più di 60 anni con l’obiettivo di cancellare il popolo palestinese dalla propria terra. Come quella che a Gaza ha ucciso più di 1400 persone con le bombe di “Piombo fuso”. O come quella, già rivolta lo scorso anno nei confronti della prima Freedom Flotilla, quando 9 passeggeri turchi furono assassinati dalla marina israeliana, la stessa che oggi minaccia di attaccare nuovamente le navi che salperanno tra pochi giorni. “In ogni caso Israele perderà” aveva detto lo scorso dicembre Huwaida Arraf, del Free Gaza Movement, a Roma, quando l’Italia ha ospitato uno dei meeting della coalizione internazionale decisa a concretizzare il progetto della nuova flotilla. In effetti, già solo nel momento in cui le navi saranno in mare e la notizia circolerà tra le agenzie di stampa e i media di tutto il mondo, la nuova missione avrà raggiunto i suoi obiettivi: quello di rendere noto all’opinione pubblica internazionale che la storia e l’attualità dell’occupazione israeliana della Palestina non consentono alcuna forma di equidistanza tra l’oppresso e l’oppressore, tra il popolo colonizzato e il progetto coloniale sionista; quello di isolare Israele e le sue politiche e di mettere in evidenza la costante violazione dei diritti umani del popolo palestinese.
Perché nel momento in cui si difende il diritto internazionale se ne denunciano anche le contraddizioni: è in nome di quel diritto, “liberamente” interpretato dalle forze Nato, che stanno cadendo bombe sulla Libia, mentre oltre 70 risoluzioni dell’ONU continuano ad essere contravvenute dall’apparato politico e militare israeliano. senza alcuna forte presa di posizione della comunità internazionale. Eppure Israele minaccia, in base al consueto mantra delle “ragioni di sicurezza”, di attaccare l’iniziativa che porterà al largo delle coste di Gaza, in acque internazionali, civili disarmati. Gli attivisti della Freedom Flotilla hanno da subito invitato giornalisti e rappresentanti Onu ad ispezionare le navi da cima a fondo, con la piena consapevolezza che ogni insinuazione mossa da Israele e dai governi suoi alleati rispetto all’ipotetica presenza di armi a bordo è strumentale alla criminalizzazione di un’iniziativa determinata ma assolutamente pacifica. Lo ha ribadito nel suo ultimo comunicato la stessa coalizione: “la nostra destinazione è Gaza. Le nostre intenzioni sono non violente. Il nostro obiettivo è far cessare l’assedio illegale, completamente e permanentemente”.
Un assedio che prosegue da oltre 4 anni, cioè dal momento in cui le autorità israeliane hanno capito che la vittoria di Hamas alle elezioni legislative del 2006 poteva essere utilizzata per attuare una sorta di punizione collettiva del milione e mezzo di abitanti della Striscia. Da allora gli aiuti umanitari entrano col contagocce e a intermittenza in un territorio che non ha più, da tempo, un’economia propria, su cui poter contare. Recentemente, ricorda ancora la coalizione della Flotilla 2, “l’autorità sanitaria di Gaza ha proclamato lo stato di emergenza a causa di una grave carenza di medicine vitali. Circa 178 tipi di farmaci e 123 tipi di forniture mediche sono già esauriti e altri 69 tipi di farmaci e 70 tipi di forniture mediche sono destinati ad esaurirsi nei prossimi tre mesi”. Ovvio che i “canali stabiliti” per far arrivare aiuti a Gaza non bastano, ma è anche vero che, e fanno bene a sottolinearlo gli internazionali, “in nessun’altra parte del mondo la comunità internazionale chiede alla popolazione di accettare aiuti umanitari al posto della libertà”. Questo il senso della Freedom Flotilla, quello di portare, insieme agli aiuti, un forte segnale politico di sostegno alla lotta di liberazione palestinese.
In Italia oltre 10.000 persone, con la manifestazione dello scorso 14 maggio a Roma, hanno ribadito il proprio sostegno alla missione, che porterà in acque internazionali anche la nave italiana “Stefano Chiarini” e con essa giornalisti e rappresentanti di un movimento che da anni non esita a scendere in piazza al fianco del popolo palestinese e contro la subalternità dei governi italiani alle politiche israeliane. Un movimento che ha contribuito all’allargamento e alla sempre crescente efficacia della Campagna BDS, cui di pari passo ha corrisposto la sempre crescente preoccupazione israeliana per questa forma di offensiva pacifica e di massa. La coalizione italiana, che comprende più di 200 adesioni di comitati, associazioni, partiti, sindacati, sta già chiamando alla mobilitazione nell’eventualità che Israele ricorra ancora una volta alla forza militare per fermare le navi della Flotilla: “nel caso l’attacco minacciato si verificasse, invitiamo sin da ora a scendere subito in piazza, a Roma all’ambasciata israeliana in Via Michele Mercati, a Milano al consolato israeliano in Corso Europa e in tutte le altre città nelle piazze principali”. Un minuto dopo l’attacco. Punto di riferimento per la mobilitazione e per la diffusione delle informazioni sarà un info point che il coordinamento italiano metterà a disposizione a Roma, in Via Baldassarre Orero 61, per seguire ogni minimo passaggio che riguarderà la missione in generale e la nave italiana in particolare, che ospiterà anche passeggeri svizzeri, olandesi e turchi che si sarebbero imbarcati sulla Mavi Marmara, che non partirà più, come annunciato qualche giorno fa da Ankara.
A Gaza sono in migliaia ad attendere l’arrivo della Flotilla perché, come hanno sottolineato pochi giorni fa in un comunicato 46 organizzazioni della società civile palestinese rivolgendosi ai popoli di tutto il mondo, “le iniziative della società civile che organizza le Freedom Flotilla sono una presa di posizione di giustizia e solidarietà verso il popolo palestinese, mentre i vostri governi non lo fanno”. In questa presa di posizione sta tutta l’umanità cui si appellava lo slogan di Vittorio Arrigoni, quello che tutte le organizzazioni della coalizione hanno voluto adottare per titolare la Freedom Flotilla 2. E’ la stessa umanità che, nelle ore in cui le acque internazionali saranno solcate dalle navi della flotta, porterà al massimo livello tensione e apprensione per l’incolumità di tutti i passeggeri.
“Dietro agli slogan umanitari” diceva qualche giorno fa il comandante della Marina Militare israeliana, l’ammiraglio Eliezer Marom, si nasconde in realtà “un pericoloso antisemitismo, un odio verso lo Stato ebraico”. Nessuna ideologia antisemita muoverà le navi della Flotilla, questo è chiaro, ma un sano odio, questo si, verso le politiche israeliane di occupazione, apartheid e pulizia etnica del popolo palestinese. In questo, forse, sta il massimo del senso di umanità che muoverà tra poche ore la Freedom Flotilla 2, nell’aver saputo raccogliere un imperativo come quello che Immanuel Kant ha affidato alle pagine della sua “Critica della ragion pratica”: "agisci in modo da considerare l'umanità sempre anche come scopo, e mai come semplice mezzo".
da Contropiano
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”
Mahmud Darwish
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