“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

sabato 13 dicembre 2008

Il ministro Livni: gli arabi via dallo Stato d'Israele

di Michele Giorgio

GERUSALEMME
Tutti puntano l'indice contro Benyamin Netanyahu, reo di essere a capo di un Likud zeppo di estremisti di destra come Moshe Feiglin. E invece ieri Tzipi Livni, candidata premier alle elezioni del 10 febbraio per il partito «centrista» Kadima, nonché ministro degli esteri, ha rivelato di essere molto vicina alle posizioni degli ultranazionalisti. Senza lasciare spazio ad interpretazioni, la Livni ha detto ad un gruppo di liceali di Tel Aviv che gli arabi israeliani (i palestinesi con cittadinanza israeliana, 1/5 della popolazione d'Israele), quando sarà fondato, dovrebbero andare a vivere nello Stato palestinese. «Quando lo Stato palestinese verrà creato - ha dichiarato la Livni -, sarò in grado di andare dai cittadini palestinesi, che noi chiamiamo arabi israeliani, e dir loro: siete residenti con uguali diritti ma la vostra soluzione nazionale è in un altro luogo». La Livni non ha spiegato in quale modo spedirebbe nel futuro Stato di Palestina gli arabi israeliani che continueranno a reclamare la costituzione di uno Stato di Israele di tutti i suoi cittadini e non solo della maggioranza ebraica.
In ogni caso è minima la differenza tra le sue idee e quelle dell'estremista di destra ed ex ministro Avigdor Lieberman, storico sostenitore dell'espulsione degli arabi israeliani. Di sicuro Tzipi Livni - che in questi giorni sta conducendo anche una battaglia contro il rinnovo della tregua con Hamas - si sta posizionando a destra di Netanyahu, dato favorito dai sondaggi elettorali. Quest'ultimo, paradossalmente, per dimostrare di essere un «moderato» e non un estremista, promette di negoziare con palestinesi e siriani e assicura che metterà a tacere lo scomodo Feiglin.
«Le intenzioni della Livni - dichiara al manifesto l'ex deputato comunista Issam Makhul - colpiscono pesantemente i diritti della minoranza palestinese, tuttavia la maggioranza ebraica deve sapere che quelle idee sono un pericolo per tutto lo Stato di Israele e per il compimento della democrazia in questo paese. Occorre costruire un futuro per tutti i cittadini di Israele e non pensare al futuro Stato di Palestina come la soluzione per assurde preoccupazioni demografiche». Le considerazioni di Makhul chiamano in causa anche il presidente palestinese Abu Mazen, capace in questi giorni solo di ripetere di essere pronto «a negoziare con tutti», con la Livni e con Netanyahu. Abu Mazen deve porsi interrogativi fondamentali rispetto allo Stato palestinese che ha in mente, deve domandarsi se questo Stato è destinato realmente a realizzare il sogno dell'indipendenza o finirà per essere solo un box, un contenitore di palestinesi, inclusi quelli che vivono nei centri abitati arabi in Israele, peraltro senza avere sovranità reale.
Gli Stati Uniti non commentano, si limitano a riaffermare l'alleanza militare con Israele. Il presidente eletto Barack Obama è pronto ad offrire a Tel Aviv un «ombrello nucleare» contro un'eventuale minaccia di attacchi atomici iraniani, ha riferito una autorevole fonte americana citata dal giornale israeliano Haaretz. Gli Usa, ha spiegato la fonte, presto dichiareranno che un attacco contro Israele da parte di Teheran comporterà «una devastante risposta nucleare contro l'Iran», così come aveva proposto il futuro Segretario di stato Hillary Clinton durante la sua campagna per la nomination democratica. La rivelazione soddisfa Israele ma solo in parte, perché l'idea dell'«ombrello nucleare» forse nasconde un'«accettazione» americana di un Iran in possesso dell'arma atomica.

Il Manifesto 12 dicembre 2008
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/12-Dicembre-2008/art45.html

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