“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

giovedì 21 maggio 2009

Israele, governo e coloni si alleano per “ebraizzare” Gerusalemme

di Andrea Dessi*

Stando ad un recente rapporto pubblicato da un’organizzazione no-profit israeliana che si occupa di questioni pertinenti al futuro di Gerusalemme, governo di Tel Aviv e coloni avrebbero elaborato un piano per lo sviluppo della città che consiste nella “creazione di una sequenza di parchi che circondano la città vecchia” di Gerusalemme e incrementa cosi il processo di “ebraizzazione” dei quartieri arabi della città.

Il movente del piano, secondo quanto riportato dall’organizzazione israeliana Ir Amim, sarebbe quello di incrementare la presenza ebraica nei quartieri che circondano la città vecchia rendendo cosi molto più difficile un’eventuale divisione della città; aspetto chiave per qualsiasi negoziato di pace tra israeliani e palestinesi.

Inoltre, sempre secondo Ir Amim, “per la prima volta [questo rapporto dà] una visuale comprensiva di come il governo [israeliano] e i coloni, lavorando assieme, stiano creando un regno territoriale basato su tradizioni bibliche” a danno della popolazione, per lo più musulmana, che vive in quelle zone.

Il piano, originalmente presentato al governo dal comune di Gerusalemme nel 2005 ma attivato soltanto nel settembre 2007 quando fu assegnato al Jerusalem Development Agency (Jda), prevede la costruzione di nove parchi nazionali, siti e sentieri turistici situati in aree di apparente rilevanza per la religione ebraica che si trovano sulle sponde orientali della città.

Nonostante queste notizie non siano del tutto nuove - per esempio la pianificata costruzione di un parco nella zona del attuale quartiere arabo di al-Bustan (situato a sud della città vecchia) dove sono state segnalate per la demolizione circa 90 unità residenziali - la divulgazione dei dettagli di una presunta alleanza tra governo e coloni renderà molto più difficile la posizione del governo di Tel Aviv che in passato ha sempre negato ogni accusa di coordinamento con le varie organizzazioni private che promuovono la colonizzazione ebraica attraverso il territorio del futuro Stato palestinese.

Con un valore di poco superiore ai 12 milioni di euro all’anno per un periodo di otto anni, i dettagli del piano, che fino ad ora non erano mai stati resi pubblici, risulterebbero nel creare un anello continuo tra i vari parchi, sentieri e siti turistici progettati e le molte colonie già esistenti nei quartieri arabi che si trovano a est delle mura della città vecchia. Il piano mira a “rafforzare lo status di Gerusalemme come capitale di Israele”, si legge il rapporto presentato dal comune della città nel 2005 e citato in un articolo datato 10 maggio del New York Times.

Secondo le dichiarazioni di Danny Seidemann, avvocato e rappresentante dell’organizzazione Ir Amim, citate dal quotidiano inglese Guardian, “questa politica [di ebraizzazione] getta olio sul fuco del conflitto e minaccia di cambiarlo da un conflitto nazionale, che può essere controllato e risolto, in un inutile confronto regionale”. “Queste azioni limiteranno le possibilità di un compromesso territoriale a Gerusalemme soltanto alle zone a nord e a sud della città vecchia”, continua Seidemann, precisando quindi che per quanto riguarda la città vecchia in sé, dove si trovano i principali luoghi di culto per le tre religioni monoteiste, Israele non ha intenzioni di negoziare sulla propria sovranità.

Un “parco giochi biblico” è la maniera in cui gli esponenti di Ir Amim descrivono i vari parchi e le aree turistiche progettate dal piano assegnato dal governo al Jda e che verranno poi date in gestione alle varie organizzazioni di coloni che già operano nel area di Gerusalemme est. Diventa impossibile negare che ci sono “pericolose similitudini tra il programma [del piano] e i progetti dei coloni il cui scopo è di far fallire una futura soluzione politica nel cuore [Gerusalemme] del conflitto”, ha inoltre dichiarato Seidmann al quotidiano israeliano Haaretz.

Le zone in cui sono pianificati i parchi, sentieri e aree turistiche si concentrano infatti in aree dove già da diversi anni sono attive varie organizzazioni coinvolte con la promozione e la costruzione di colonie ebraiche considerate “illegali” dall’intera comunità internazionale. Nell’area residenziale di Silwan, situata a sud-est delle mura della città vecchia di Gerusalemme, dove vivono all’incirca 50mila palestinesi, e che include il quartiere di al-Bustan dove 90 unità residenziali sono a rischio demolizione per far spazio ad un “area verde” antistante all’area archeologica della “Città di Davide”, l’organizzazione coinvolta è conosciuta come El Ad (oppure Ir David). Attiva nel area dal ’91, quando iniziarono ad occupare e costruire nuove abitazioni riservate esclusivamente ad ebrei, El Ad è un’organizzazione privata con un budget miliardario il cui obiettivo è di far risuscitare l’antica città di Davide attraverso l’esplorazione archeologica e la costruzione di musei e aree turistiche che cementano l’identità e la storia ebraica del luogo. Nonostante le numerose accuse rivolte contro l’organizzazione da varie ong, esponenti dell’Onu e anche una serie di archeologi israeliani che rifiutano il modo in cui El Ad usa “l’archeologia a scopi politici”, l’intera struttura turistica, inclusa la dirigenza dei scavi tuttora incorso, è stata data in dotazione dal governo, attraverso il Israeli Antiquities Authority (Iaa), all’organizzazione El Ad. Sarebbero più di 500 i coloni ebrei ad essersi trasferiti nel area sotto gli auspici di El Ad, che tuttora gestisce anche una serie di visite guidate della zona.

A est della città vecchia, zona conosciuta come il Monte degli Ulivi dove si trovano una serie di chiese e il più esteso e antico cimitero ebraico al mondo, si trova un’altra delle aree incluse nel progetto di sviluppo per la città. Qui, dal 2003 Irving Moskowitz, un businessman milionario di New York che da anni si vanta di donare e investire milioni di dollari in Israele per progetti caritatevoli e di beneficenza (e che quindi gli vengono anche scalati dalle tasse dovute negli Usa), ha costruito due moderni palazzi contenenti una sessantina di appartamenti ciascuno riservati esclusivamente ad una clientela ebraica. Attualmente sono in costruzione altre due palazzine con lo stesso numero di appartamenti, mentre, sempre grazie alle sue donazioni, è stata da poco completata una nuova centrale di polizia situata strategicamente nell’area a est del confine municipale di Gerusalemme (zona conosciuta come “E-1”) e l’enorme colonia di Ma’ale Adummim (34mila abitanti). Queste nuove colonie verrebbero, secondo il piano reso noto da Ir Amim, poi collegate tramite una serie di sentieri, parchi e aree turistiche meticolosamente recintate che completerebbero cosi l’anello circondante la città vecchia di Gerusalemme. Il piano prevede quindi che le aree di Silwan (sud-est), il Monte degli Ulivi (est) e Sheikh Jarrah (nord-est), tuttora a maggioranza arabo-palestinese e che servono come vie principali per l’accesso dei musulmani ai luoghi di culto della città vecchia, restino sotto il controllo di Israele. Inoltre, più a est, quest’anello andrebbe poi a connettersi alla colonia di Ma’ale Adummim, che occupa un’area di quasi 50 chilometri quadrati e che attualmente taglia a metà la Cisgiordania; rendendo cosi molto più complicato non solo una divisione di Gerusalemme tra i due popoli, ma anche limitando la fattibilità di uno Stato palestinese contiguo ed indipendente.

Alle critiche sollevate da Ir Amim si aggiungono infatti anche quelle del gruppo Peace Now, che in una dichiarazione riportata dal quotidiano Jerusalem Post il 10 maggio avvertono che “se procede l’attuazione di questo piano si rischia di trasformare la questione di Gerusalemme, e più specificamente di quell’aree che circondano la città vecchia, in una situazione irrisolvibile e che possibilmente impedirà di arrivare ad una soluzione di due Stati”. Pesanti critiche sono arrivate anche dal segretario-generale dell’Onu Ban Ki-Moon, che l’11 maggio, al termine di una seduta del Consiglio di sicurezza sul conflitto israelo-palestinese alla quale Israele si è rifiutata di prendere parte, ha dichiarato che i palestinesi di Gerusalemme e i territori occupati “continuano a subire le azioni unilaterali e inaccettabili” di Israele. “E’ tempo che Israele cambi in maniera fondamentale la sua politica a questo riguardo” ha inoltre aggiunto Ban Ki-Moon nel corso di una conferenza stampa riportata dalla Reuters il giorno stesso.

Nonostante la reazione del governo israeliano alla pubblicazione del rapporto di Ir Amim siano state a base di smentite e rassicurazioni che “lo sviluppo di Gerusalemme gioverà tutta la popolazione della città rispettandone le diverse fedi e comunità”, come ha dichiarato un esponente del ufficio del primo ministro al giornale Jerusalem Post, le maggiori organizzazioni non governative non appaiono soddisfatte delle intenzioni del governo che comunque non dimostra di voler cambiare rotta. Il ministro degli interni israeliano, Eli Yishai, citato dal New York Times a riguardo delle azioni pianificate dal governo in uno dei quartieri di Gerusalemme est, ha infatti dichiarato che “intende proseguire a questo riguardo con piena forza e determinazione”. “Questa terra è sotto la nostra sovranità – ha aggiunto - la colonizzazione qui è nostro diritto”.

* per Osservatorio Iraq
[18 maggio 2009]
(fonte: Jerusalem Post, Haaretz, Ir Amim, New York Times, Reuters, the Guardian)

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