“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

martedì 12 maggio 2009

PER IL BOICOTTAGGIO DELLA RICERCA DI GUERRA

di Mila Pernice *

Anche per il 2009 il sito del Ministero degli Esteri italiano [1] pubblica il bando di gara (con scadenza 31 maggio 2009) nell’ambito dell’Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Italia e Israele, la cui storia è da sempre intrecciata con l’aspetto militare e colonialista. Per la parte italiana l’Ufficio II della Direzione Generale per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente del Ministero degli Affari Esteri, e per la parte israeliana l’Office of the Chief Scientist (OCS) del Ministero dell’Industria e Commercio, chiedono “la presentazione di progetti di ricerca congiunti italo israeliani nelle aree di ricerca contemplate nell’art. 2 dell’Accordo”, come quelle, tra le altre, della medicina e dell’ organizzazione ospedaliera, delle biotecnologie, dello sfruttamento delle risorse naturali, delle applicazioni dell’informatica nella formazione e nella ricerca scientifica, dello spazio, delle tecnologie dell’informazione, comunicazioni di dati e software e “di qualunque altro settore di reciproco interesse”.


Fra i requisiti fondamentali del bando, leggiamo che “il partner israeliano dovrà essere obbligatoriamente un soggetto industriale (impresa) che può essere assistito tecnologicamente e scientificamente da un soggetto non industriale (università, centro di ricerca etc…)”, mentre “il partner italiano potrà essere sia un’impresa che un soggetto non industriale (università, centro di ricerca etc…)”, salvo poi sottolineare che “le università e i centri di ricerca dovranno però obbligatoriamente essere affiancati da un’impresa”.


Sulla base dell’Accordo, stipulato a Bologna il 13 giugno del 2000, sono stati avviati negli ultimi anni in Italia una serie di progetti congiunti tra alcune Regioni (come il Lazio e l’Emilia Romagna) e il Centro Industriale Israeliano per la Ricerca e lo sviluppo (MATIMOP) dipendente dal Ministero dell’Economia israeliano: progetti come quello presentato a Roma il 26 Ottobre 2007 sulle “tecnologie fotoniche” con la collaborazione tecnica di Selex Communications, Lynx Photonic Network e dell'Università di Tor Vergata, o come quello, presentato a Bologna il 30 maggio 2007, che aveva l’obiettivo di promuovere le collaborazioni fra Emilia – Romagna e Israele nei settori della meccanica avanzata e della meccatronica, ovvero della scienza che studia il modo di “far interagire tre discipline, quali la meccanica, l'elettronica, e l'informatica al fine di creare un know-how nell'ambito della modellistica, simulazione e prototipazione dei sistemi di controllo” [2] . Progetti come quello siglato tra il Matimop e la Provincia di Milano nel 2006 nell’attività di ricerca e sviluppo tecnologico nelle seguenti aree: biotecnologie, bioinformatica, sperimentazioni cliniche, apparecchiature mediche, micro e nanotecnologie”, le stesse indicate da Shimon Peres come il necessario sviluppo dei sistemi d’arma israeliani.


Il sito della Campagna di Boicottaggio www.bdsmovement.net ci ricorda che nel quadro delle collaborazioni internazionali, Israele gode di una straordinaria serie di accordi bilaterali e multilaterali e che, ad esempio, nel 2005 la partecipazione di imprese israeliane a progetti internazionali è cresciuta del 150% rispetto all’anno precedente passando a 1 miliardo e mezzo di dollari a partire dai 600 milioni del 2004. La Campagna BDS ci lascia intendere che l’economia israeliana dipende dalle relazioni con il mondo, tanto da svelare una sorta di vulnerabilità. In questo quadro si inserisce l’importanza dello strumento del boicottaggio contro l’economia di guerra israeliana.


Nel maggio del 2007 il premio Nobel americano per la fisica Steven Weinberg decise di boicottare una conferenza all'Imperial College di Londra, denunciando la volontà del sindacato inglese UCU di boicottare le università israeliane. La notizia fece scalpore e portò l'attenzione dei media inglesi sulla questione dell’occupazione della Palestina, nel quarantesimo anniversario della Guerra dei Sei giorni, dando una risonanza inaspettata al dibattito. Dopo un paio di settimane, il sindacato votò a favore del boicottaggio, che consiste in particolare nel rifiuto di collaborare con riviste accademiche israeliane e di stipulare contratti di collaborazione con istituzioni israeliane [3] .


Nel gennaio di quest’anno in Italia il movimento di protesta degli studenti e dei ricercatori dell’Onda, al grido di “noi la guerra non la facciamo” ha interrotto una lezione tenuta dal direttore del dipartimento di Fisica de La Sapienza di Roma, Giancarlo Ruocco, per chiedere una posizione ufficiale sul massacro in corso nella Striscia di Gaza e «l'immediata interruzione delle collaborazioni con le istituzioni di ricerca israeliane». «Condanno la guerra ma non fermeremo la collaborazione che abbiamo con alcune università israeliane», ha risposto il prof. Ruocco, che ha aggiunto: «non possiamo sapere quale futuro possano avere queste applicazioni, se andranno in una direzione positiva o verso comportamenti disdicevoli come quelli bellici» [4] .


Ma leggiamo che “i forti investimenti economici nel comparto della Difesa dello Stato di Israele – che possiede anche un arsenale atomico e un programma nucleare - hanno permesso lo sviluppo e l'acquisizione di sistemi d'arma ed equipaggiamenti militari tra i più moderni ed efficienti esistenti a livello internazionale […]. Le forze armate israeliane posseggono armi e sistemi informatici tra i più avanzati, alcuni sono di produzione americana, altri di sola acquisizione e soggetti a modifiche (come il fucile d’assalto M4, gli aerei F16 Falcon, F15 Eagle e l'elicottero Apache). Israele ha anche sviluppato le sue industrie d’armi indipendenti. L'IDF (Forze di Difesa Israeliane) consta anche di dipartimenti di ricerca e sviluppo interni qualitativamente elevati e ha acquisito molte tecnologie da industrie di sicurezza israeliane. Molti di questi sviluppi sono stati testati sul campo [5] ”. Il campo… Come quello della Striscia di Gaza, bersagliato dalle bombe al fosforo e dalle DIME (Dense Inert Metal explosive), che ha visto nel solo mese di gennaio più di 1.300 vittime palestinesi e più di 5.000 feriti?


Vale forse la pena avere più di qualche dubbio sul futuro dei progetti congiunti tra le nostre università e le istituzioni israeliane, considerare seriamente l’ipotesi del boicottaggio accademico, e ricordare l’invito del già docente di antropologia all'Università Ben Gurion del Negev, oggi coordinatore del Comitato israeliano contro la demolizione delle case palestinesi, Jeff Halper, che ha detto: “c’è un’altra superpotenza che può essere mobilitata: la società civile internazionale, tutti noi nelle Ong, nelle organizzazioni politiche, nei sindacati, nelle Università, nelle chiese, ecc. È questa la sfida che ci attende ora. Abbiamo svolto un ruolo chiave nella lotta per accordi sui diritti umani, per la formulazione della legge internazionale e la creazione di istituzioni come il Tribunale penale internazionale. Abbiamo svolto un ruolo di primo piano nell’abbattimento dell’apartheid. Adesso dobbiamo mobilitarci per porre fine all’occupazione israeliana [6] ”.

* Forum Palestina

[1] http://www.esteri.it/MAE/IT/BandiGare/2009/20090305_AccordoItaliaIsraele.htm.

[2] Vd. il Dossier “Revocare gli accordi commerciali tra le Regioni italiane e le istituzioni israeliane” http://www.forumpalestina.org/news/2009/Febbraio09/DossierBoicottaggio/DossierBoicottaggioRegioniItaliane.htm

[3] http://www.businessonline.it/1/EconomiaeFinanza/1789/inghilterra-boicotta-istituzioni-israeliane.html

[4] Da Il Manifesto del 16 e 17 gennaio 2009 “L'Onda per il «boicottaggio accademico di Israele», ma i docenti dicono no”, di Stefano Milani.

[5] “Forze di Difesa Israeliane” in Wikipedia.org.

[6] http://it.peacereporter.net/articolo/2879/Intervista+a+Jeff+Halper.

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