“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

mercoledì 9 settembre 2009

450 nuove case, schiaffo agli Usa da Tel Aviv

COLONIE I palestinesi: impossibile negoziare

di Michele Giorgio
Pare che Benyamin Netanyahu abbia ordinato ai suoi ministri e collaboratori di non usare mai la parola «hakpaah», in ebraico «congelamento», a proposito del blocco dell'espansione delle colonie ebraiche nella Cisgiordania palestinese richiesto dagli Stati Uniti. Si dovranno usare, ha spiegato il premier israeliano, i termini «hashayah» (sospensione), «hamtana» (periodo di attesa) o al massimo «tzimtzum» (riduzione). E ha ragione il primo ministro, perché la colonizzazione non subirà alcuna sosta. Perfino durante la sospensione - di pochi mesi - che Netanyahu sta negoziando con l'Amministrazione Obama, le costruzioni andranno avanti.
Ieri il ministro della difesa israeliano, Ehud Barak, ha dato il via libera alla costruzione di 455 nuove abitazioni per i coloni. I nuovi appartamenti si aggiungeranno ai circa 2.500 già approvati e che non rientrano nella possibile intesa tra Israele e Usa. Delle nuove case, 149 saranno costruite nella colonia di Har Gilo, nel blocco di Etzion vicino a Betlemme, 84 a Modiin Ilit ad ovest di Ramallah, 76 a Givat Zeev a nord di Gerusalemme, 25 a Kedar nei pressi della colonia di Maale Adumim ad est di Gerusalemme e altre 20 nell'insediamento di Maskiot nella Valle del Giordano. Nei prossimi giorni, Barak autorizzerà la costruzione di un'altra novantina di alloggi, portando a 455 il numero delle nuove costruzioni.
La notizia non ha sorpreso nessuno visto che venerdì scorso funzionari israeliani avevano provveduto ad annunciare che Netanyahu avrebbe dato il via libera ai nuovi progetti generando reazioni europee ed americane di scarso rilievo. È stato confermato infatti l'arrivo nel fine settimana dell'inviato Usa per il Medio Oriente, George Mitchell, che da alcuni mesi sta cercando di convincere Netanyahu a bloccare le attività negli insediamenti ebraici per riannodare il dialogo diretto con l'Anp di Abu Mazen. Ma alla fine ha vinto il premier israeliano che ha scelto di tenere fede alla sua ideologia e di mantenere le promesse fatte ai coloni in campagna elettorale.
Ieri era rimasta solo la destra ultraradicale che fa capo al deputato Aryeh Eldad (Unione nazionale) a puntare l'indice contro il governo Netanyahu «che costruisce un decimo delle case edificate in passato dalla sinistra». Un gruppo di coloni, per vendetta, ha tagliato 50 alberi d'ulivo in un terreno palestinese vicino a Ramallah. I settler «pragmatici» al contrario sorridono, perché hanno capito che l'Amministrazione Obama non farà nulla di serio per imporre a Israele il blocco della colonizzazione.
Ieri, ad esempio, si è tenuta una cerimonia simbolica, per la posa della prima pietra di un nuovo grande progetto edilizio destinato a dar vita a 3.500 nuovi alloggi, nella più grande delle colonie ebraiche, Maaleh Adumim, a est di Gerusalemme, in presenza anche di alcuni ministri. L'iniziativa, secondo gli organizzatori, prelude alla creazione di un intero nuovo sobborgo di Maaleh Adumin, denominato Mevasseret Adumim e pensato per ospitare migliaia di nuovi coloni.
Si tratta peraltro della cosiddetta zona «E1» dove, ma solo a parole, gli americani si oppongono a qualsiasi sviluppo degli insediamenti ebraici perché finirebbe per tagliare in due la Cisgiordania.
A questo punto un'intesa tra Usa e Israele per la sospensione temporanea delle costruzioni potrebbe rivelarsi addirittura controproducente per l'Anp e Abu Mazen. Netanyahu potrebbe affermare di aver «inutilmente» fermato i progetti edilizi nelle colonie (che, al contrario, andranno avanti senza alcun problema) di fronte ad un presidente palestinese che continua a respingere l'idea di una ripresa del negoziato diretto. Un rischio che l'Anp sembra aver colto.
«Sia ben chiaro - ha avvertito il caponegoziatore dell'Anp Saeb Erekat - che la decisione di Israele di costruire più di 450 nuove case vanifica gli effetti che l'annuncio di un congelamento delle colonie avrebbe comportato». Erekat mette le mani in avanti ma in casa palestinese temono che l'Amministrazione Obama abbia definitivamente accettato le condizioni di Netanyahu.

http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20090908/pagina/08/pezzo/259305/

Nessun commento:

blogmasters g.40, gino pino, Ter