“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

sabato 5 settembre 2009

Chi boicotta i boicottatori? Una polemica sull’occupazione

Il 20 agosto il professor Neve Gordon, dell’università israeliana Ben-Gurion del Negev, ha pubblicato un articolo sul Los Angeles Times che ha fatto molto discutere. Gordon fa parte del movimento pacifista israeliano, e nel suo editoriale chiede l’aumento della pressione internazionale perché si metta fine all’occupazione israeliana e all’”apartheid” presente nel paese. In questa lotta, Gordon si è unito al movimento Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (Bds) creato a Bilbao nel 2008.

“Se la soluzione dei due stati è l’unico modo per fermare l’apartheid”, si chiede Gordon, “come raggiungere questo obiettivo? Mi sono convinto che l’unica risposta possibile è la pressione dall’esterno. Sicuramente non si tratta di una posizione semplice: io, cittadino israeliano, chiedo ai governi stranieri, ai movimenti e alle associazioni internazionali, alle organizzazioni religiose, ai sindacati e alle persone di sospendere la cooperazione con Israele. Sono convinto che sia l’unica strada possibile per salvare Israele da sé stesso”.

L’editoriale ha generato parecchio dibattito e qualche polemica. La preside dell’università dove insegna Gordon, Rivka Carmi, ha risposto con un altro editoriale sul Los Angeles Times, affermando che Gordon “ha usato il pulpito dell’università per sostenere un’opinione persona, ammantando la demagogia di velleità accademiche” e che “i fatti mostrano che quello un boicottaggio distruggerebbe la fabbrica della società che Gordon intende proteggere. Invece di investire in attività che promuovono la coesistenza e la tolleranza, questa richiesta di boicotaggio finirebbe per dividere e isolare Israele”. Altri cittadini israeliani sono stati meno composti, chiedendo che Gordon venisse licenziato o addirittura espulso dal paese. Insomma: un boicottaggio del boicottatore.

Una contraddizione notata da Gideon Levy, su Ha’aretz: “Molti di quelli che promuovono il boicottaggio di Ikea e delle aziende svedesi [a causa della polemica nata qualche settimana fa] sono gli stessi che vorrebbero licenziare il professor Gordon, colpevole di aver promosso l’uso della stessa arma civica”. Al di là degli estremisti di entrambe le parte, la stessa contraddizione avvolge l’intero stato di Israele. “Un paese che chiede costantemente di boicottare altre nazioni, interrompendo relazioni commerciali o auspicando sanzioni, non può giocare il ruolo della vittima quando la stessa arma viene rivolta contro di lei”.

“Fin dal boicottaggio del Sudafrica ai tempi dell’apartheid”, prosegue Levy, “il boicottaggio è stata un’arma piuttosto efficace. Israele lo promuove nei confronti dell’Iran, gli Stati Uniti vogliono imporlo contro la Corea del Nord ed entrambi lo stanno utilizzando nei confronti del governo di Hamas a Gaza. Israele, e con lei buona parte della comunità internazionale, impone il boicottaggio su un milione e mezzo di abitanti di Gaza solo perché non hanno votato il partito che la comunità internazionalechiedeva”.

http://www.internazionale.it/home/?p=6113

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