“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

venerdì 4 luglio 2008

Allarme idrico in Cisgiordania, a causa della siccità e delle discriminazioni israeliane

Naoki Tomasini *
L'estate è appena iniziata e minaccia di essere rovente. Nei territori palestinesi ci si prepara come sempre a razionare l'acqua, ma quest'anno la crisi idrica sarà peggiore. Lo anuncia l'ultimo studio del centro di informazione israelo palestinese B'Tselem, secondo cui, quest'anno i palestinesi riceveranno almeno 40 mila metri cubi di acqua in meno rispetto al 2007. Una causa del fenomeno è ceramente la siccità, ma gravi responsabilità pesano anche sul governo israeliano, la sua autorità territoriale e la compagnia che gestisce gli acquedotti, colpevoli sencondo B'Tselem di discriminazioni nella concessione di permessi e nella distribuzione dell'acqua.

Gli abitanti delle colonie all'interno dei Territori, infatti, ricevono quantità di acqua tre volte e mezzo superiori delle quote riservate ai palestinesi, ai quali viene sistematicamente rifiutato il permesso di scavare nuovi pozzi. Israele, spiega il rapporto di B'Tselem, ha il totale controllo delle risorse destinate a entrambi i popoli, e anche il divieto di scavare nuovi pozzi è stato imposto da un ordinanza militare. Israele preleva acqua dal corso del Giordano e la pompa in Cisgiordania, verso i coloni e verso l'Autorità Palestinese. I primi, che sono circa 275 mila, ricevono 44 milioni di metri cubi di acqua, almeno 5milioni più di quanti ne ricevano i palestinesi, che in Cisgiordania sono almeno 2milioni e 300 mila. Secondo i dati di B'Tselem anche le risorse acquifere montane sono monopolizzate da Israele, che consede ai palestinesi di usarne solo il 20 percento. Combinando questi dati con la scarisità di precipitazioni degli ultimi mesi, si ricava la conclusione: quest'anno i palestinesi riceveranno tra i 40 e i 70 milioni di metri cubi di acqua in meno rispetto alle loro necessità. Poco importa se già adesso nei Territori il consumo di acqua pro-capite è di soli 66 litri al giorno, due terzi della quota minima fissata dall'Organizzazione Mondiale per la Sanità, Oms.

Anche all'interno dei Territori ci sono differenze: se nelle città principali la situazione rimane accettabile, nei villaggi le cifre calano ancora. Stando al rapporto, i palestinesi dei villaggi consumano solo un terzo dell'acqua di cui avrebbero bisogno secondo l'Oms. Ci sono diverse centinaia di villaggi che non sono nemmeno connessi con l'acquedotto e dipendono dalle capacità di mobilità delle autocisterne: i palestinesi senza acquedotto sono 227mila, mentre altri 190 mila sono quelli che vivono in villaggi con infreastrutture idriche ridotte all'osso. In questi ultimi l'acqua arriva, ma solo per poche ore al giorno e spesso si interrompe per lunghi periodi. Non si tratta di problemi tecnici, semplicemente l'acqua è poca e la compagnia che gestisce l'acquedotto, l'israeliana Mekorot, decide in modo discriminatorio di tagliare le forniture ai villaggi palestinesi per non far mancare acqua alle colonie e alle loro coltivazioni. La compagnia respinge però le accuse di B'Tselem, sostenendo di avere fornito nel 2007 “il 30 percento in più di quanto stabilito con gli accordi di Oslo”. Le quote, sostiene la compagnia, non sono cambiate e, accusa, nelle zone di Betlemme e Hebron i palestinesi rubano consistenti quantità di acqua dalle tubature dirette alle colonie. Secondo le norme internazionali, ricorda B'Tselem, Israele è una forza di occupazione e, in quanto tale, ha il dovere di garantire il funzionamento delle infrastrutture idriche e acqua potabile per tutti.
* peacereporter (MS)

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