“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

mercoledì 23 luglio 2008

APARTHEID! "Misure così restrittive neppure durante l'apartheid in Sudafrica"

Hebron, Sudafrica

di Amira Hass*
Internazionale 753, 17 luglio 2008;
internazionale.it/firme/articolo.php?id=19786

Se il prestigio morale avesse il suo peso, dieci giorni fa l'asfalto di Shuhada street, una strada deserta nella città vecchia di Hebron, si sarebbe incrinato. Zaki Achmet era sconvolto dalla vista delle case vuote, che i palestinesi avevano dovuto lasciare a causa degli abusi dei coloni e dei soldati israeliani. Militante antiapartheid da quando aveva 14 anni, Achmet è il fondatore della Treatment action campaign (Tac), un movimento di base che si batte per assicurare la prevenzione e le cure contro l'aids per tutti i sudafricani. Anche lui contagiato, si è rifiutato a lungo di assumere i farmaci antiretrovirali: prima bisognava garantirli a tutti i malati di aids. Perfino Nelson Mandela è andato a trovarlo, implorandolo di curarsi, ma lui ha rifiutato. Ha cambiato idea solo quando l'assemblea della Tac ha votato perché si lasciasse curare. Era l'agosto del 2003. Poco dopo il governo sudafricano ha reso gli antiretrovirali disponibili per tutti.

A Hebron c'era anche Barbara Hogan, che ascoltava il racconto di una caparbia donna palestinese, rimasta a vivere nella sua casa. I coloni le impediscono di percorrere a piedi la strada, così deve saltare di tetto in tetto e passare per i vicoli interni della città vecchia. La Hogan è stata condannata a dieci anni di carcere per aver aderito all'African national congress (Anc). Di origini ebraiche, oggi è deputata.

Il giudice dell'alta corte di giustizia Dennis Davis, membro attivo della comunità ebraica, osservava con stupore mentre un colono, armato di megafono, cercava di ostacolare la loro visita guidata. Lui e il suo collega della corte suprema di appello, Edwin Cameron, e gli altri giuristi e difensori dei diritti umani presenti nel gruppo, tutti vecchi avversari dell'apartheid, hanno visto con i loro occhi come funziona il sistema: la polizia israeliana è intervenuta per arrestare tre dei giovani militanti israeliani che guidavano il gruppo, permettendo invece al colono di continuare a minacciare i visitatori. Gli attivisti antiapartheid non hanno avuto nessuna difficoltà a capire perché negli ultimi dieci anni decine di migliaia di palestinesi sono stati costretti a lasciare la città vecchia. Nozizwe Madlala-Routledge, ex viceministra della sanità, ha ascoltato attentamente mentre le spiegavano dove un palestinese può camminare e dove no.

Non ricordava misure così restrittive durante l'apartheid in Sudafrica. Questi 23 militanti sudafricani hanno chiesto di visitare la Cisgiordania per farsi un'idea della situazione. Quando i tre israeliani sono stati portati via su un furgone della polizia, alcuni membri della delegazione hanno chiesto di parlare con i rappresentanti dei coloni, abili a nascondersi dietro parole di miele. "Siete stati ingannati", ha detto uno di loro, riferendosi in particolare a Yehuda Shaul, uno dei tre arrestati. Shaul è un ebreo ortodosso che, dopo aver prestato servizio a Hebron come soldato regolare, è rimasto sconvolto per le violazioni dei diritti umani dei palestinesi e ha fondato un'associazione chiamata Shovrim shtikat ("rompere il silenzio"). Poi ha cominciato a raccogliere le testimonianze dei soldati.

I membri della delegazione hanno capito subito che non aveva senso continuare la discussione. Incapaci di esprimere a parole il loro disappunto, hanno sollevato i pugni e intonato l'inno dell'Anc. Questo loro canto tranquillo e potente è stato trasmesso via cellulare a Shaul e ai suoi due compagni, che si trovavano già nella stazione di polizia di Hebron.

*A. Hass: "È una giornalista israeliana. Vive a Ramallah, in Cisgiordania, scrive per il quotidiano Ha'aretz e ha una rubrica su Internazionale."
Da marzo 2008 A. Hass ha preso un anno di aspettativa da Ha'retz (http://www.internazionale.it/firme/articolo.php?id=19616) per "sottrarsi ad una riorganizzazione del quotidiano israeliano" (http://www.rete-eco.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2165:haaretz-si-lriorganizzar-via-i-giornalisti-pacifisti&catid=5:politiche-israeliane&Itemid=15)

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http://www.internazionale.it/firme/archivio.php?author_id=30

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