“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

martedì 15 luglio 2008

Il generale delle cipolle e dell'aglio

di Gideon Levy
Lunedì 14 Luglio 2008 05:25
Haaretz, 13 luglio 2008


Ecco il “prossimo passo” nella guerra contro il terrorismo: la lotta alle parrucchiere. Dopo che Hamas ha conquistato più di metà del popolo palestinese, in buona parte a causa delle politiche israeliane, dopo che abbiamo cercato di combatterlo con le armi e l'assedio, la distruzione e gli omicidî, gli arresti di massa e le espulsioni, l'esercito israeliano e i servizi di sicurezza dello Shin Bet hanno inventato qualcosa di nuovo: un attacco ai centri commerciali, alle panetterie, alle scuole e agli orfanotrofi - prima a Hebron, ora a Nablus. L'esercito sta chiudendo saloni di bellezza, negozi di abbigliamento, ambulatori, persino una fattoria per produrre il latte: tutto con il pretesto che sono connesse a Hamas, o che l'affitto che pagano arriva ad un'organizzazione terroristica.

Queste foto bizzarre di un ordine di chiusura emanato dal generale di comando, appiccicato alla finestra di un negozio di cosmetici o di un centro fisioterapico, di un ordine di confisca attaccato a un forno per la pita (pane arabo piatto), mostrano che l'occupazione israeliana è impazzita. Alcuni mesi fa ho visitato gli enti di beneficienza ed i centri commerciali che l'IDF ha cominciato a chiudere, a Hebron; ho visto scene tanto assurde da far diventare furiosi. Una scuola moderna, progettata per 1.200 allievi, chiusa per ordine del generale di comando, e una biblioteca per giovani, sul punto di chiudere.

Così l'occupazione dimostra una volta di più che non vi è punto, nella vita dei palestinesi, che non può raggiungere, e che non ha limiti: un esercito che chiude una scuola, una biblioteca, un panificio ed un collegio; soldati che fanno incursione in una stazione televisiva commerciale autorizzata, confiscandone l'attrezzatura e minacciando di chiuderla, come è avvenuto di recente nell'emittente TV Afaq, a Nablus.

In Israele non si è levata alcuna voce di protesta, naturalmente, ne' contro la chiusura della scuola, ne' contro quella della stazione televisiva. Secondo il filo di pensiero israeliano, se chiudiamo un panificio che fa dolci per gli orfani, si indebolirà il potere di Hamas; se gettiamo dal collegio sulla strada centinaia di bambini bisognosi, questi ed i loro parenti entreranno in sintonia con Israele; se chiudiamo un affollato centro commerciale, avventori e proprietari irati inizieranno a sostenere Fatah.

È da molto tempo che non si è vista l'occupazione israeliana in una luce così ridicola e crudele come in queste operazioni di chiusura e di confisca ordinate dal generale del comando centrale Gadi Shamni, il generale delle cipolle e dell'aglio, a giudicare dai prodotti confiscati dai suoi soldati dai magazzini alimentari di Hebron. Illegali, certo immorali, ma cionondimeno miopi, queste operazioni trasmettono un messaggio forte e chiaro: l'occupazione ha perduto tutti i freni morali ed ogni straccio di giudizio. Quanto è meschino un esercito che svuota magazzini di alimenti e di vestiario per i poveri, quanto è ridicolo che il generale di comando firmi ordini di chiudere saloni di pettinatrici, quanto è patetico un raid militare in panetterie, e quanto è crudele un esercito che chiude ambulatori per ogni pretesto!

Hamas è entrato nel vuoto creato in Cisgiordania e a Gaza. Come ogni movimento religioso, è germogliato nel terreno della sofferenza e della miseria. Ora arriva Israele e dice: “Peggioriamo ancora la miseria e la sofferenza”. Perché? Per combattere Hamas. Nulla di più assurdo. Decine di migliaia di bimbi poveri, in Cisgiordania, non hanno alcuno a cui rivolgersi, a parte gli enti di beneficienza islamici che Israele sospetta essere legati a Hamas, benché molti fossero stati istituiti molto prima che l'organizzazione nascesse. Israele ha smesso di provvedere all'assistenza della popolazione occupata, nonostante i suoi obblighi in base alla legge internazionale, e pure l'Autorità Palestinese non mostra alcun particolare interesse per le necessità sociali ed economiche. Fatah ha sempre destinato più risorse ai campi militari, alle pistole ed alle auto ufficiali che agli orfanotrofi, ai letti d'ospedale e alle macchine per la dialisi.

Questo è il vuoto che il Movimento Islamico sta colmando, offrendo un livello imponente di servizi. L'orfanotrofio che ho visitato a Hebron è uno dei più belli, e meglio curati, che io abbia visto. Ci vuole una certa qual crudeltà a minacciarne la chiusura, una certa qual audacia a sostenere che far questo sarà utile alla guerra contro il terrorismo, e una certa qual stupidità a ritenere che una misura di questo genere sarà d'aiuto. La chiusura di depositi e centri commerciali assicurerà solo un altro colpo all'economia palestinese, che persino ora si dibatte per reggere in condizioni di quarantena. Possibile che Israele non abbia imparato alcunché dal fallimento dell'assedio a Gaza?

Chiunque visiti gli enti di beneficienza vedrebbe che non tutto il denaro che vi affluisce è destinato all'acquisto di esplosivi e di cinture per attentatori suicidi. Non si può simultaneamente imprigionare i residenti in Cisgiordania, proibire loro di guadagnarsi da vivere e non offrire loro alcuna assistenza sociale, colpendo intanto coloro che tentano di fornirla, quali che siano le motivazioni. Se Israele vuole combattere le associazioni caritatevoli, deve quanto meno offrire servizi alternativi. Alle spalle di chi combattiamo il terrorismo? Delle vedove? Degli orfani? È vergognoso.
(traduzione di Paola Canarutto)

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