“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

venerdì 11 giugno 2010

Sheikh Jarrah: palestinesi senza casa tra 45 giorni

Le famiglie Kanabi and Siyam-Idkadk si vedranno occupare l’abitazione dai coloni israeliani.


di Barbara Antonelli

Gerusalemme Est 09 giugno, Nena News

Da 42 anni, Karim Siyam-Idkadk vive con sua moglie, due figli e la madre vedova nella sua casa di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme Est, ma un avvocato israeliano gli ha consegnato una notifica di sfratto esecutivo, per conto della compagnia legale Eitan Gabay. Se non lasceranno la loro casa entro 45 giorni, dovranno pagare una multa di 350 shekels al giorno alle autorita’ israeliane e subiranno lo sfratto forzato da parte della polizia. Sull’ordine di sfratto non compaiono ovviamente i nomi di chi reclama la proprietà; inoltre come nei casi precedenti, per motivare legalmente lo sfratto, gli avvocati israeliani adducono il mancato pagamento dell’affitto e la rivendicazione che le case sono costruite su terra di proprietà ebraica.

Quello degli Idkadk non è certo il primo caso di famiglie palestinesi sfrattate a Sheikh Jarrah: gli Al Kurd a novembre del 2008, poi gli Hanoun e gli al-Ghawi, tutte famiglie le cui case sono state occupate nel giro di poche ore da intere famiglie di coloni israeliani. Alcuni componenti delle famiglie Al Kurd e Al Ghawi, hanno anche scontato alcuni giorni di carcere per aver opposto resistenza agli sfratti o per aver partecipato alle manifestazioni ormai settimanali contro il processo di ebraicizzazione forzata di Sheikh Jarrah, come di altri quartieri arabi di Gerusalemme Est. Si tratta di 28 famiglie profughe della guerra del 1948, che tramite un accordo tra autorità giordane e Unrwa (l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi), hanno ricevuto delle abitazioni a  Sheikh Jarrah con la successiva promessa di entrarne in possesso dopo tre anni (a fronte di una rinuncia dello status di profughi).

«Facciamo quel che possiamo – dice Karem Idkadk –  anche il nostro avvocato fa quel che può, ma non possiamo cambiare la realtà. Staremo qui fino alla fine, non ce ne andremo. Dopo la scadenza dei 45 giorni useranno la forza, verrà la polizia e le forze speciali. In quel caso cosa potremo fare? Finiremo sulla strada».

Giusto dietro l’angolo, la famiglia Kanabi ha ricevuto lo stessa notifica, lo stesso giorno. Due dei componenti della famiglia, padre e figlio sono fisicamente disabili.

Tutte e due le case hanno una parte in comune con una terza proprietà, abbandonata quando l’affittuaria, una donna anziana palestinese è morta, circa 10 anni fa. Nel 2009, alcuni coloni israeliani ci si sono insediati con il supporto dell’organizzazione Bayit Echad (in ebraico «Una casa»), un movimento di coloni fondato da Benny Raz, ex agente del Mossad. Attualmente una barriera di metallo circonda la proprietà. Non è certo un caso che proprio le due case confinanti con la proprietà abbandonata e poi occupata, abbiano ricevuto notifiche di sfratto.

L’espropriazione delle case è solo uno dei tanti tasselli delle politiche discriminatorie portate avanti da Nir Barkat, il sindaco di Gerusalemme, e dalle precednti amministrazioni comunali, con il supporto del governo israeliano. Un report rilasciato dall’associazione ACRI a inizio maggio, mette in luce i drammatici dati relativi alla questione «casa» per la popolazione palestinese: dal 2007, 50.197 appartamenti sono stati costruiti per la popolazione ebraica (su terra espropriata) e nessuna per quella palestinese che ha dovuto far ricorso solo a permessi individuali rilasciati con il contagocce del comune.

Non solo: le discriminazioni di cui sono vittime i palestinesi si applicano a tutti i settori della vita pubblica e sociale e soprattutto nell’accesso alle infrastrutture e ai servizi della municipalita’. Per fare qualche esempio significativo: il budget allocato per le scuole elementari di Gerusalemme est è di circa cinque volte inferiore a quello della parte ovest (ebraica); il 65 % delle famiglie palestinesi vive sotto la soglia di povertà contro il 31 % delle famiglie ebraiche. Nella zona est il comune mette a disposizione solo 3 strutture per i servizi sociali, contro le 20 presenti a ovest. Nena News

vedi anche:
Palestine Monitor: Two More Families To Be Evicted From Sheikh Jarrah
Alternative Information Center:
Four Palestinians Stripped of Jerusalem Residency
Israel Issues Demolition, Evacuation Orders to Three Palestinian Families in Jordan Valley

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