“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

martedì 24 febbraio 2009

boicotta Israele

L'APPELLO PER LA CAMPAGNA ITALIANA DI
BOICOTTAGGIO, DISINVESTIMENTO E SANZIONI DELL’ECONOMIA DI GUERRA ISRAELIANA

(documento scaturito dall'assemblea nazionale del 21 febbraio a Roma)

Con la feroce aggressione alla Striscia di Gaza, lo Stato di Israele ha fornito al mondo l’ennesima conferma della volontà di procedere alla pulizia etnica del popolo palestinese. I 1300 morti, le migliaia di feriti, le immani distruzioni provocate da tre settimane di bombardamenti fanno seguito ad un embargo criminale – voluto e praticato da Israele, Stati Uniti ed Unione Europea – che da oltre due anni colpisce una delle popolazioni più povere del mondo, impedendo ogni attività commerciale e bloccando persino il transito degli aiuti umanitari.

Continua, dunque, l’occupazione israeliana della terra palestinese, la negazione del diritto di un popolo ad avere un suo Stato. Al dramma del milione e mezzo di Palestinesi segregati nella Striscia di Gaza fa da riscontro la trasformazione della Cisgiordania in un sistema di prigioni a cielo aperto, con le città e i villaggi isolati gli uni dagli altri dal Muro dell’Apartheid, che Israele ha continuato a costruire nonostante la sentenza della Corte di Giustizia Internazionale del 2004 e le risoluzioni dell’ONU, che continua a violare impunemente, con la complicità dei governi delle maggiori potenze mondiali.

Per contribuire alla campagna internazionale di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni lanciata dalle organizzazioni della società civile palestinese, promuoviamo anche nel nostro Paese un percorso di iniziative volte ad incidere sull’economia di guerra israeliana, attraverso il boicottaggio delle merci israeliane, il disinvestimento dall’economia israeliana, la sospensione dei rapporti accademici e delle collaborazioni con lo Stato e gli enti locali, il boicottaggio del turismo in Israele e la verifica delle possibili iniziative legali per la condanna dei criminali di guerra ed il risarcimento dei danni provocati in questi anni di occupazione e di guerra.

In particolare, gli obiettivi della Campagna italiana di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) sono:

Tutte le merci identificate dal codice a barre con le prime tre cifre 729, che identificano i prodotti provenienti dallo Stato di Israele.

I prodotti agricoli israeliani a marchio Jaffa e Carmel, presenti sui banchi dei supermercati e di molti negozi.

I prodotti farmaceutici israeliani della azienda THEVA, che tanto in Italia quanto in Francia ha acquisito una posizione dominante nel mercato dei farmaci generici e da banco.

I prodotti cosmetici del gruppo L’OREAL, già oggetto di boicottaggio per i test effettuati sugli animali. Oltre ad essere uno dei maggiori investimenti israeliani, il gruppo L’OREAL commercializza prodotti realizzati con materiali provenienti dai territori palestinesi occupati, come i Sali del Mar Morto.

I prodotti e i negozi del gruppo ZARA home, di proprietà del miliardario israeliano Lev Leviev, arricchitosi con lo sfruttamento dei diamanti dell’Angola e con il quale nel 2008 l’UNICEF ha interrotto qualsiasi tipo di relazione, rifiutando qualsiasi donazione, data l’origine criminale della sua fortuna e per il tipo di progetti che finanzia. Fra l’altro, Leviev è uno dei maggiori costruttori immobiliari delle colonie costruite nelle aree espropriate illegalmente ai Palestinesi e, come tale, uno dei maggiori violatori delle risoluzioni delle Nazioni Unite.

I prodotti dell’azienda LAVAZZA, da oltre due decenni leader nel mercato israeliano del caffè, delle macchine per bar e uffici, dell’architettura e dell’arredamento dei locali, attraverso la ditta israeliana Gils Coffee Ltd. Il boicottaggio della Lavazza è raccomandato anche dall’organizzazione pacifista israeliana Gush Shalom e dalla Coalizione delle Donne per la Pace israeliana, anche per il legame diretto fra la Lavazza stessa e la Eden Springs Ltd., azienda israeliana che dal 2002 detiene i diritti per la distribuzione delle macchine per il caffè e delle capsule di caffè “Lavazza – Espresso Point”. La Eden Springs imbottiglia e distribuisce l’acqua delle Alture del Golan, territorio siriano occupato e colonizzato illegalmente da Israele dal 1967.

La Campagna Italiana BDS chiede, inoltre, la revoca delle collaborazioni in essere fra alcuni enti locali e lo Stato di Israele, a partire dal progetto “Saving children”, con il quale la Regione Toscana, attraverso l’israeliana Fondazione Peres, finanzia la sanità israeliana per … curare i bambini palestinesi feriti dagli stessi Israeliani! Analogamente, denunciamo l’accordo di cooperazione tecnologica, in essere dal 2007, fra la Regione Lazio e il centro industriale israeliano Matimop, accordo del quale chiediamo la revoca. Chiediamo alle istituzioni accademiche ed ai singoli dipartimenti e docenti di sospendere a loro volta ogni rapporto con le università israeliane, in solidarietà con le università palestinesi cui l’occupazione impedisce da anni di portare avanti i propri programmi.

Invitiamo, infine, a boicottare ogni forma di turismo verso le località israeliane.

Il nostro appello è rivolto a chiunque, individuo o associazione, intenda dare il suo contributo al raggiungimento di una pace giusta in Medio Oriente, attraverso il riconoscimento dei legittimi diritti del popolo palestinese, sanciti da decine di risoluzioni delle Nazioni Unite, sistematicamente ignorate dallo Stato di Israele; l’adesione alla Campagna Italiana BDS è dunque aperta e ci auguriamo di vedere la partecipazione di tutti gli uomini e le donne che sostengono la lotta di liberazione del popolo palestinese e la necessità della fine dell’apartheid israeliano. Per favorire il maggior livello di partecipazione e di iniziativa, la Campagna si articola attraverso comitati locali BDS. Aderendo all’appello del Forum Sociale Mondiale di Belem, la Campagna Italiana BDS promuove tre giornate nazionali di mobilitazione per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per il 28, 29 e 30 marzo 2009.

Roma, 21.2.2009

mercoledì 4 febbraio 2009

Assolutamente no! Non in loro nome, non in nostro nome

di Michael Wrachawski *

Ehud Barak, Tzipi Livni, Gabi Ashkenazi e Ehud Olmert-- non osate mostrare le vostre facce ad una qualche cerimonia in memoria degli eroi del ghetto di Varsavia, di Lublin, Vilna o Kishinev. E pure voi, leader di Peace Now, per cui pace significa pacificazione della resistenza palestinese con ogni mezzo, compresa la distruzione di un popolo. Quando sarò lì, farò personalmente del mio meglio per espellere chiunque di voi da questi eventi, perché la vostra stessa presenza sarebbe un immenso sacrilegio.
Non in loro nome
Non avete diritto di parlare in nome dei martiri del nostro popolo. Non siete Anne Frank del campo di concentramento di Bergen Belsen ma Hans Frank, il generale tedesco che affamò e distrusse gli ebrei della Polonia.
Voi non rappresentate alcuna continuità con il ghetto di Varsavia, perché oggi il ghetto di Varsavia è proprio di fronte a voi, preso di mira dai vostri carri armati e dalla vostra artiglieria, e il suo nome è Gaza. Gaza, che avete deciso di eliminare dalla mappa, come il generale Frank intendeva eliminare il Ghetto. Ma, a differenza dei ghetti della Polonia e della bielorussia, nei quali gli ebrei furono praticamente lasciati soli, Gaza non verrà eliminata perché milioni di donne e uomini dei quattro angoli del nostro mondo stanno costruendo un potente scudo umano che porta le due parole: Mai Più!
Non in nostro nome!
Assieme a decine di migliaia di altri ebrei, dal Canada alla Gran Bretagna, dall'Australia alla Germania, vi avvertiamo: non osate parlare in nostro nome, perché vi inseguiremo, se sarà necessario persino nell'inferno dei criminali di guerra, e vi ricacceremo le vostre parole in gola fino a che non chiederete perdono per averci coinvolti nei vostri crimini. Noi, non voi, siamo i figli di Mala Zimetbaum e Marek Edelman, di Mordechai Anilevicz e Stephane Hessel, e portiamo il loro messaggio all'umanità perché sia custodito nelle mani dei combattenti della resistenza a Gaza: "Noi combattiamo per la nostra libertà e per la vostra, per il nostro orgoglio e per il vostro, per la nostra dignità umana, sociale e nazionale, e per la vostra" (Appello del Ghetto al mondo, Pasqua Ebraica del 1943).

Ma per voi, leader di Israele, " libertà" è una parola sconcia. Voi non avete orgoglio e non comprendete il significato di dignità umana.

Noi non siamo "un'altra voce ebraica", ma la sola voce ebraica che possa parlare in nome dei santi torturati del popolo ebraico. La vostra voce non è altro che le vecchie urla bestiali degli assassini dei nostri antenati.

Michel Warschawski dell'Alternative Information Center (AIC)
è un attivista anti-sionista israeliano un tempo alla guida del movimento anti-sionista e anti-capitalista Matzpen.
Titolo originale: "Absolutely Not! Not in Their Name, Not in Ours"
Fonte: http://www.alternativenews.org

“Soltanto lasciando alle spalle l’ideologia sionista ci sarà una vera possibilità per la pace”

INTERVISTA AD ILAN PAPPE
di Mila Pernice *

Il massacro di Gaza è un altro esempio di ciò che lei definisce lo “iato tra la realtà e la rappresentazione” dell’occupazione e della pulizia etnica della Palestina?Si, penso di si. I media continuano a descrivere questa realtà come se ci fosse stata una guerra fra due eserciti, come se ci fossero due parti uguali, come se ci fosse stato un confronto militare; questo è ciò che viene rappresentato. In realtà si è trattato di un esercito che ha attaccato i civili, una popolazione senza difesa. Invece di descriverle come operazioni di pulizia etnica, operazioni di genocidio, si parla di guerra. E credo che il massacro di Gaza abbia ricevuto lo stesso trattamento già offerto in tutta la storia del conflitto.
Lei ha scritto che oggi non occorre soltanto la condanna del massacro di Gaza, ma la delegittimazione dell’ideologia sionista. Questo perché il sionismo comporta in sé la pulizia etnica, l’occupazione e i massacri?Credo che soltanto quando la società israeliana e lo Stato israeliano si lasceranno alle spalle l’attuale ideologia, che disumanizza i palestinesi, e che non prevede nessun posto per i palestinesi in Palestina, soltanto quando questa ideologia razzista sarà scomparsa ci sarà una vera possibilità per la pace e la riconciliazione. Se noi ci limiteremo a condannare Israele per questa o altre politiche non cambierà nulla e nel prossimo futuro assisteremo ad un nuovo ciclo di violenze.
Quanto è importante la prospettiva storica per conoscere e per far conoscere la dimensione dei crimini commessi dal colonialismo israeliano in Palestina?Credo sia molto importante rifarsi alla storia per poter capire ciò che soffre il popolo palestinese, e come in realtà è iniziato il conflitto. C’è una vasta demonizzazione della parte palestinese ed una mistificazione dei fatti che, a partire dal progetto colonialista avviato alla fine del diciannovesimo secolo, hanno visto i palestinesi combattere contro questa colonizzazione, cosa che fanno ancora oggi. Questo non significa idealizzarli né dire se siano buoni o cattivi; è soltanto una realtà che occorre accettare.
E’ sempre più auspicabile l’ipotesi dello Stato unico e democratico in Palestina?Oggi molti che ancora credono nella soluzione dei due Stati si rendono ora conto che è impossibile, anche se a loro piace l’idea. Sarà molto lungo il viaggio per arrivare a creare uno Stato democratico, visto il punto in cui siamo…ma credo sia l’unica ipotesi positiva per il bene sia dei palestinesi sia degli israeliani.
Nei giorni del massacro sono state tante le mobilitazioni al fianco del popolo palestinese. In Italia è stata rilanciata la campagna di boicottaggio dell’economia di guerra israeliana; può essere un valido strumento come lo fu contro l’apartheid in Sud Africa?Si, credo che possa avere una funzione molto positiva; è uno strumento ispirato proprio dalle lotte contro l’apartheid in Sud Africa e può avere gli stessi effetti. Lancia un messaggio dall’interno della società che queste politiche e ideologie non sono accettate, e spinge a cambiare queste politiche nella direzione di un vero processo di pace.
Quanto è difficile essere un intellettuale israeliano contro l’occupazione?Non è difficile, nel senso che i palestinesi soffrono molto di più, a causa degli israeliani. Più che altro è frustrante, è come parlare a un sordo. Non c’è dialogo, non c’è contatto. E’ questa la difficoltà. Soltanto questa.
* Radio Città Aperta
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