“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

mercoledì 25 agosto 2010

Proseguono senza sosta le demolizioni di case palestinesi

Lo dicono i dati di Ocha (Onu). A luglio le ruspe si sono accanite maggiormente: durante questo mese le autorità israeliane hanno demolito ben 140 strutture, tra case, tende, baracche, stalle, cisterne d’acqua, presidi medici e costruzioni commerciali.

Gerusalemme, 14 agosto 2010, Nena News
Circa 550 palestinesi sono finiti in strada nelle ultime settimane: questo il risultato della politica delle demolizioni di case a Gerusalemme est e nelle aree C della Cisgiordania (60 % del territorio, sotto il pieno controllo di Israele), secondo i dati diffusi dall’Ocha, l’ufficio dell’Onu che si occupa di coordinare gli affari umanitari nei territori occupati palestinesi. Il mese di luglio è stato quello in cui le ruspe si sono accanite maggiormente: durante questo mese le autorità israeliane hanno demolito ben 140 strutture, tra case, tende, baracche, stalle, cisterne d’acqua, presidi medici e costruzioni commerciali. Il 13 luglio 7 case son state abbattute a Gerusalemme est, lasciando senza un tetto 25 persone, di cui 14 bambini. Allo stesso modo il 19 luglio, il villaggio Al Farisiye, nella Valle del Giordano, è stato interamente distrutto.

Flottilla: ora sono sette i soldati ladri

I furti di computer, carte di credito e telefoni cellulari erano stati denunciati subito dagli attivisti arrembati dai commando israeliani. Intanto domenica sera salpa per Gaza la nave libanese Mariam, a bordo solo donne.


Roma, 20 agosto 2010, Nena News
Ora sono sette i militari israeliani coinvolti nei furti di computer, carte di credito e telefonini degli attivisti che erano a bordo delle sei navi della Freedom Flotilla arrembata lo scorso 31 maggio in acque internazionali dalla Marina militare israeliana - con un bilancio di nove civili turchi uccisi – mentre cercava di rompere il blocco marittimo della Striscia di Gaza. Secondo l’edizione online del quotidiano Haaretz, gli ultimi a finire in manette sono stati un tenente, sospettato di aver rubato e ricettato diversi laptop, e due soldati (poi rilasciati, ma comunque rinviati alla Corte marziale) accusati di averglieli comprati. In precedenza era stato arrestato un altro tenente, per il furto di almeno 4 computer, mentre tre soldati erano stati fermati ed interrogati per averlo aiutato nella ricettazione di parte del bottino.

Gaza. "Un sit-in con le candele. Hamas fa caricare, percosse e fermi"


di Michele Giorgio
È terminata con percosse e 13 fermi la manifestazione di protesta contro le continue interruzioni nell’erogazione dell’energia elettrica organizzata martedì sera a Gaza city dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp, sinistra marxista). La polizia del governo di Hamas ha disperso con la forza alcune centinaia di dimostranti che si erano radunati pacificamente nella Piazza del Milite Ignoto, davanti al Parlamento di Gaza, con delle candele in mano.

venerdì 20 agosto 2010

Inaugurato il Centro di documentazione sulla Palestina... ora inviate tanti libri e documenti e visitatelo!

Carissimi amici,

Invictapalestina in Calabria è stato un grande successo: partecipazione calorosa, grande accoglienza, decine di siti web hanno riportato l'evento e molti giornali locali hanno parlato di Palestina. Per la prima volta in una piazzetta di Pentone è stata letta una poesia in arabo e per la prima volta gli abitanti si sono lasciati coinvolgere dai balli e dalle musiche portate dai palestinesi ospitati durante la "due giorni".

Ong denuncia: “Le foto di soldati che scherniscono prigionieri palestinesi sono la normalità”

Soldatessa congedata mette su facebook sue foto vicino a detenuti palestinesi ammanettati e bendati. "Il miglior periodo della mia vita", "Ucciderei con piacere gli arabi - li macellerei anche", scrive.
di Marco Santopadre *
Postare su Facebook foto di militari israeliani accanto a prigionieri palestinesi ammanettati e bendati rappresenta "la norma e non l'eccezione" per le forze armate di Israele: lo ha affermato l'organizzazione umanitaria israeliana Breaking the Silence, smentendo quanto si legge in un comunicato dell'esercito che deprecava l’ultimo caso e lo descriveva come eccezionale e isolato. Scrive oggi il quotidiano israeliano Ha'aretz che l'ong - che raccoglie le testimonianze dei militari in merito agli abusi commessi nei Territori Palestinesi Occupati - sottolinea come quanto fatto dalla soldatessa Eden Abergil non rappresenta "il comportamento crudele di una sola persona", come sostengono invece le forze armate. In una pagina di Facebook l'organizzazione ha raccolto numerose foto scattate da altri militari israeliani nel corso degli ultimi dieci anni, sottolineando come si tratti solo di "una prima tranche" di immagini.
E dopo le critiche che l’hanno subissata ha reagito oggi con una mezza richiesta di scuse, accompagnata da espressioni di vittimismo e autocommiserazione, la giovane ex soldatessa israeliana finita ieri nell'occhio del ciclone per aver pubblicato sul suo profilo di Facebook alcune foto che la ritraevano in una posa di scherno dinanzi a dei prigionieri palestinesi ammanettati e bendati. Criticata da numerosi attivisti per i diritti umani oltre che da un portavoce dello stato maggiore e da quasi tutti i giornali israeliani, la ragazza - Eden Abargil, congedata qualche mese fa - si é fatta viva per giurare sulla sua ''buona fede'' e raccontare di aver ricevuto anche ''minacce di morte'' nelle ultime ore. ''Mi scuso se ho offeso qualcuno, ma posso assicurare di aver agito in tutta innocenza'', ha dichiarato l’ex militare originaria di Ashdod, a sud di Tel Aviv, aggiungendo di non aver mai maltrattato i detenuti. Però la giovane nelle foto è ritratta mentre sbeffeggia gli ignari detenuti o fa smorfie a pochi centimetri da loro. «Qui sei supersexy», commenta uno dei suoi amici di Facebook, al che lei risponde «Eh sì, che giorno è stato quello, hahaha...». Quando invece a scrivere - sdegnata - è la blogger pacifista Lisa Goldman, la replica diventa astiosa: «Con quelli di sinistra non parlo».
Dopo le accuse che le sono state rivolte, l’ex soldatessa ha scaricato in sostanza la responsabilità dello scandalo sui media e su chi l'ha criticata: ''Si trova sempre qualcuno pronto a ridire contro Eretz Israel, non siamo un popolo con molti amici e ci attaccano per la minima cosa'', ha detto usando la consueta e trita teoria del complotto contro lo ‘stato ebraico’. Eden non ha mancato di polemizzare neppure con lo stato maggiore, dicendo di essersi sentita sola, rivendicando d'aver ''servito Israele'' durante la leva e manifestando adesso il rimpianto di averlo fatto. Le foto - caricate su Facebook in un folder intitolato 'Il servizio militare: il periodo piu' bello della mia vita' - sono finite solo in parte sui media. Un portavoce militare le ha definite il prodotto di un comportamento ''vergognoso'', ma isolato, mentre il direttore del Centro israeliano contro la tortura ne ha parlato come del frutto d'una mentalità corrente e diffusissima di disprezzo dei detenuti, e dei palestinesi in genere, fra i rappresentanti a vario livello delle Forze Armate. Un rappresentante dell'Autorita' nazionale palestinese (Anp), Ghassan Khattib, ha dal canto suo espresso indignazione, descrivendo l'episodio come un esempio fra i tanti ''dell’atteggiamento di scherno con cui gli occupanti sono soliti umiliare i palestinesi''. E ha ipotizzato ora un'azione legale contro la ex militare.
Intanto due altre notizie apparse in queste ultime ore sulle agenzie di stampa la dicono lunga sullo stato di decadenza morale ed etica trasversale a tutti i settori della società ebraica israeliana. La prima riferisce di un tribunale israeliano che ha riconosciuto la responsabilità delle autorità di Tel Aviv nella uccisione di una bambina palestinese di 10 anni ed ha stabilito che ai familiari dovrà essere versato un risarcimento. La piccola nel 2007 venne colpita da un proiettile di gomma nella località di Anata, a nord di Gerusalemme, sparato da una guardia di frontiera israeliana in risposta ad un lancio di pietre da parte di alcuni giovanissimi palestinesi. Il tribunale ha stabilito che la reazione del militari fu allora eccessiva e ingiustificata. L’altra notizia invece riguada i lavoratori di un settore strategico di Israele. Infatti il Mossad, il servizio segreto israeliano, ha fatto fallire lo sciopero dei sindacati di riferimenti del corpo diplomatico di israele attuato per chiedere un aumento dei salari, organizzando al loro posto un viaggio del premier, il che ha scatenato la reazione dei lavoratori del settore: “Il servizio segreto israeliano non avrà più alcun appoggio da parte del corpo diplomatico - ha fatto sapere il sindacato che però poi ha chiarito – “a meno che non si tratti di eliminare persone scomode per Israele" (sic!). Lavoratori si, ma pur sempre israeliani...
* Radio Citta' Aperta
la notizia su Haaretz

ancora su Haaretz del 20/08/2010: "Ucciderei con piacere gli arabi - li macellerei anche"

la notizia su Mondoweiss

la notizia su ynet

il manifesto del 18/08/2010

Libano, piccolo storico passo

di Michele Giorgio
Approvata la legge per coloro che furono esiliati da Israele nel '48 Ora i rifugiati palestinesi potranno svolgere decine di lavori che gli erano preclusi
Un «passo modesto», un percorso ancora lungo. Smorzano gli entusiasmi, in Libano, i sostenitori dei diritti civili per i profughi. Due giorni fa il voto del Parlamento libanese ha trasformato in legge un decreto governativo che consente a centinaia di migliaia di palestinesi presenti nel paese dalla Nakba (1948), di poter finalmente svolgere decine di lavori finora preclusi. I commenti però sono tiepidi: nessuno nega l'importanza di uno sviluppo atteso da anni, ma troppe barriere continuano a condizionare l'ingresso dei rifugiati nel mondo del lavoro. Di fatto i cambiamenti potrebbero rivelarsi minimi, considerata la diffidenza che una larga porzione di libanesi continua ad avere nei confronti dei palestinesi.

Fino all'ultima Kefiah

di Barbara Antonelli, Hebron 14 Agosto 2010 (foto di ST McNeil)

Per oltre 50 anni l’azienda Herbawi ha prodotto a Hebron la kefiah, simbolo nazionale del popolo palestinese, commercializzata in tutta la Cisgiordania. Un mercato oggi in crisi a causa dell’import dalla Cina.

Se a qualsiasi tassista di Hebron dici Herbawi, vieni catapultato nella sfavillante fabbrica di materassi della famiglia Herbawi, un nome che appare su diversi cartelloni pubblicitari piazzati in bella mostra sulle curve della tortuosa e faticosa strada che attraversa Wadi Nar, tra Ramallah e Hebron (l’unica strada che i palestinesi possono percorrere, quella nota anche come del Container checkpoint, per raggiungere il sud della Cisgiordania).

Solo quando spieghi che vuoi comprare delle kefiah, vieni portato nella piu’ modesta fabbrica tessile, di Yasser Herbawi, a poche centinaia di metri dall’ingresso nella citta’ vecchia.

blogmasters g.40, gino pino, Ter