“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

mercoledì 22 luglio 2009

Esempi di "democrazia etnica":... dove la "democrazia" funziona a senso unico


Israele non rinuncia alle pretese su Gerusalemme e sfida la comunità internazionale

Rispedite ai mittenti le accuse rivolte ad Israele da Unione Europea e Russia sulla colonizzazione di Gerusalemme est. ''Israele ha agito ed agira' sempre in funzione dei suoi interessi nazionali e in particolare per cio' che riguarda Gerusalemme'', ha detto il vice ministro degli Affari Esteri israeliano Dany Ayalon. ''I nostri diritti su Gerusalemme, compreso il suo sviluppo, non possono essere contestati''. Il ministro dell'Interno e vice premier Elie Yishai ha aggiunto che Israele ''non e' la filiale di altri paesi. Il governo e lo stato di Israele hanno il diritto di perseguire i propri obiettivi''. Il comune di Gerusalemme ha infatti dato il via libera alla costruzione di un nuovo quartiere di insediamenti sul luogo dell'hotel Shepherd, un terreno confiscato da Israele nel '68, una volta di proprieta' della Giordania. L'obiettivo dei promotori di questa iniziativa e' quello di rendere ebrea la parte orientale di Gerusalemme, occupata e annessa da Israele nel 1967. Ma i palestinesi puntano a rendere proprio questa zona la capitale dello Stato a cui aspirano.Sono circa 190 mila gli israeliani che si sono insediati in una decina di quartieri a Gerusalemme Est dove vivono 270 mila palestinesi. La presidenza svedese della Ue aveva fatto appello oggi al governo di Tel Aviv affinche' si astenga da ogni eventuale ''azione provocatoria'' a Gerusalemme est. Il ministro russo degli Affari Esteri, Andrei Nesterenko, ha invitato a Israele a ''fermare immediatamente'' il suo progetto di insediamenti.

Via la nakba dai libri di scuola


di Michelangelo Cocco

La parola «nakba» (catastrofe in lingua araba) sarà bandita da tutti i libri di scuola d’Israele. L’annuncio di ieri del ministero dell’educazione rischia di compromettere le relazioni tra ebrei e minoranza araba (1,4milioni, il 21% della popolazione), sempre più tese dopo l'insediamento, il 31 marzo scorso, dell’esecutivo di estrema destra guidato da Benjamin Netanyahu.
Il termine Nakba - che indica l’esodo dalla Palestina durante il primo conflitto arabo-israeliano del 1948-’49 (cacciati dall’avanzata delle truppe dell’haganah o fuggiti dal conflitto) di oltre 700mila palestinesi, che divennero profughi - era stato accettato solo due anni fa, quando la ministra laburista Yuli Tamir ne consentì l’introduzione nei libri di testo destinati alle scuole arabe.
Nell’annunciare il dietrofront, il portavoce del ministero Gideon Saar ha dichiarato che «è inconcepibile che in Israele si parli della fondazione dello Stato come di una sciagura».
Deputato rappresentante la minoranza palestinese, Ahmed Tibi inquadra quello di ieri in «una serie di provvedimenti anti-arabi, come la legge che mira a proibire le commemorazioni della Nakba in Israele, ispirati da Lieberman (il ministro degli esteri, ndr) e dal suo partito, una formazione apertamente fascista». Secondo Tibi «in questa terra esistono due narrative, quella sionista e quella palestinese». «Ma - dice al manifesto il parlamentare del gruppo Ra’am-Ta’al - con questi provvedimenti vogliono impedirci di conoscere e tramandare la nostra storia».
E per contrastare i tentativi statunitensi di fermare la colonizzazione della Cisgiordania occupata ieri Lieberman ha dato il via a un’iniziativa clamorosa, ordinando a tutte le rappresentanze diplomatiche israeliane all’estero di dare massima pubblicità alla foto che ritrae Adolf Hitler a colloquio con il leader nazionalista palestinese Haj Amin al-Husseini nel 1941 a Berlino.
La scorsa settimana l’Amministrazione Obama aveva convocato l’ambasciatore israeliano a Washington per chiedere a Tel Aviv di fermare la costruzione di 20 appartamenti per coloni presso lo Shepherd Hotel di Gerusalemme est, un tempo di proprietà di al-Husseini.
Di qui il tentativo di equiparare con una campagna di pubbliche relazioni le rivendicazioni dei palestinesi alla figura di al-Husseini, che nel ’41 si alleò con Hitler. «È importante che il mondo conosca i fatti» ha dichiarato alla Bbc un portavoce di Lieberman. *

il Manifesto 22/07/2009
http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2009/mese/07/articolo/1157/

*a proposito di relazioni con i nazisti vi invitiamo a leggere il libro "Relazioni pericolose" di Faris Yaya traduzione di F. De Leonardis edizioni Città del Sole vedi introduzione del libro al seguente link:
http://www.forumpalestina.org/news/2009/Gennaio09/06-01-09ForzaFertile.htm

NABLUS, DOPO LE DEMOLIZIONI IN TRE AVAMPOSTI

di Michelangelo Cocco
I coloni incendiano 2mila ulivi palestinesi
Con un'azione eclatante nell'area di Nablus (nel nord della Cisgiordania) i coloni ieri hanno ricordato al mondo che nei Territori palestinesi occupati non vigono le Convenzioni di Ginevra ma una sorta di legge della giungla che permette agli occupanti di fare qualsiasi cosa al popolo colonizzato. Senza essere contrastati dai militari, una decina di settler a cavallo ha incendiato tra 1.500 e 2.000 ulivi di proprietà di agricoltori palestinesi nelle campagne attorno a Yitzhar, un insediamento abitato da 500 settler, per la maggior parte ebrei ortodossi immigrati dagli Stati Uniti. Gli ulivi rappresentano la principale fonte di sostentamento per molti contadini palestinesi e un albero inizia a dare i primi frutti dieci anni dopo essere stato piantato. Con l'assalto di ieri, che ha causato anche devastazioni di automobili e il ferimento di un paio di palestinesi, i coloni hanno inteso dare una dimostrazione di forza dopo che in mattinata l'esercito israeliano aveva demolito alcune strutture negli avamposti di Mitzpe Danni, Nofei Yarden e Adei Ad (nella foto AP) senza tuttavia smantellarli. Gli avamposti - un centinaio in tutta la Cisgiordania - sono delle micro-colonie (spesso solo qualche tenda o caravan) illegali anche per la legge israeliana e che assieme alle 120 colonie vere e proprie pregiudicano la nascita di uno Stato palestinese. Israele si è impegnato formalmente a smantellarli sottoscrivendo nel 2003 la Road map, il piano di pace elaborato da Stati Uniti, Unione europea, Russia e Nazioni Unite ma non ha finora dato seguito alle sue promesse. E ieri la radio militare ha reso noto che il governo di ultradestra presieduto da Netanyahu ha stanziato nuovi finanziamenti per i coloni. Secondo l'emittente oltre 15 milioni di euro andranno al dipartimento per gli insediamenti dell'Agenzia ebraica e un terzo della somma sarà destinato alla Cisgiordania e alla valle del Giordano. Un palestinese è morto a causa delle ferite che aveva riportato domenica, quando era stato colpito dai militari israeliani lungo la frontiera di Gaza perché non si era fermato all'alt intimatogli dai soldati.

il Manifesto del 21/07/2008

Israele sta preparando l’attacco contro l’Iran

Manlio Dinucci

Lo spiegamento di sottomarini Dolphin e navi da guerra israeliane nel Mar Rosso «deve essere preso sul serio: Israele si sta preparando alla complessità di un attacco all’Iran». Lo ha dichiarato ieri al Times di Londra un funzionario israeliano della difesa. Ha inoltre confermato l’esistenza di un accordo con l’Egitto per il transito delle unità militari dal canale di Suez (v. il manifesto di mercoledì), aggiungendo che i governi dei due paesi sono uniti da una «comune diffidenza verso l’Iran» e che Israele sta rafforzando i legami con «certi paesi arabi, anch’essi timorosi della minaccia nucleare iraniana».

Così Israele, l’unico paese della regione che possiede armi nucleari (di cui sono armati anche i Dolphin) e rifiuta il Trattato di non-proliferazione, si mette alla testa di una crociata, cui partecipano anche alcuni governi arabi, contro la «minaccia nucleare» dell’Iran, paese che aderisce al Tnp ed è quindi soggetto ai controlli dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Questa ha confermato di non avere «alcuna prova che l'Iran stia cercando di produrre un'arma nucleare».

I sottomarini e le navi da guerra di Israele sono nel Mar Rosso non solo per preparare l’attacco all’Iran, scrive ieri Haaretz, ma anche «per impedire il traffico di armi dall’Iran alla striscia di Gaza» via mare e quindi attraverso il Sudan. Si accusa quindi l’Iran di armare e fomentare i palestinesi, cancellando quanto emerge dall’inchiesta dell’associazione israeliana «Breaking the Silence», la quale dimostra che l’operazione «Piombo fuso» è stata decisa in base a un preciso calcolo politico per terrorizzare i palestinesi facendo strage di civili. Ne è credibile che nella striscia di Gaza, dove non riescono ad entrare neppure gli aiuti umanitari, arrivi un flusso di armi dall’Iran.

A dar man forte al governo israeliano è scesa in campo mercoledì la segretaria di stato Usa Hillary Clinton, che ha lanciato un «ultimatum all’Iran» perché «si unisca alla comunità internazionale quale membro responsabile», cessando di «minacciare i vicini e sostenere il terrorismo». Ha ribadito che «l’Iran non ha diritto di avere una capacità nucleare militare» (che invece gli Usa hanno diritto di avere, possedendo le forze nucleari più potenti del mondo), e che «gli Usa sono decisi a impedire che l’acquisisca». Ha quindi dichiarato che «non esiteremo a difendere i nostri amici, i nostri interessi e soprattutto il nostro popolo con vigore e, se necessario, con la forza militare più potente del mondo». Il messaggio a Teheran è inequivocabile: se Israele attaccherà l’Iran e questo risponderà con i suoi missili (non nucleari), gli Stati uniti sosterranno Israele con «la forza militare più potente del mondo».

A questo punto spetta agli analisti capire in che cosa differisca la politica estera dell’amministrazione Obama da quella dell’amministrazione Bush.

(il manifesto, 17 luglio)

Il palestinese Maged Al Molky è desaparecidos da quando è stato espulso dall'Italia

Una allarmata e allarmante lettera della moglie

Buongiorno, sono Carla Biano moglie di Maged Al Molky.
Sto scrivendo sia per spiegare quanto è avvenuto dal momento del suo rilascio dal carcere di Palermo (questo per dare un' idea di quanto è successo) ma ancor più perchè di Maged non si hanno più notizie dalle 2.45 di domenica 28 giugno.
Domenica 28 giugno alle 2.45 di mattina, Maged mi ha telefonato. Era da poco arrivato, accompagnato da due poliziotti italiani, all' aeroporto di Damasco. Nessuno lo stava aspettando ed un poliziotto dell' ufficio aeroportuale gli ha chiesto chi era, perchè era stato espulso, ect. Gli ha poi detto che avrebbe dovuto aspettare fino alle 8/9 del mattino che sarebbero venuti dei funzionari dell' immigrazione a prelevarlo per vagliare la sua posizione. Maged mi ha detto che quella sarebbe stata l' ultima telefonata che poteva fare e che, appena poteva mi avrebbe richiamata. Da quel momento non l' ho più sentito ed il suo cellulare è sempre spento.
Cosa gli è successo? Dov' è? E' ancora vivo?

Maged ha pagato con 23 anni ed 8 mesi di carcere. Senza aver abbuonato neppure un giorno. Per lui c' è stata la tanto declamata certezza della pena. L' unica cosa che voleva era rifarsi una vita, stare accanto a me, sua moglie, lavorare. Insomma...tutto quanto può fare una persona "normale".
Voleva reinserirsi nella società.
Invece... l' incubo è iniziato il 27 aprile quando è stato scarcerato per fine pena (aveva ottenuto gli ultimi 6 mesi di liberazione anticipata per buona condotta). Dal carcere di Palermo, l' Ucciardone, (dove ha passato gli ultimi 2 anni e mezzo) è stato portato alla questura dove gli hanno notificato l' espulsione in quanto...clandestino. Ha spiegato che non era clandestino, che era appena uscito dal carcere dopo 23 anni ed 8 mesi, che nel 1985 non c' era la legge sulla clandestinità, che era sposato con una cittadina italiana e che, in sentenza, aveva 3 anni di libertà vigilata da scontare.
E' stato portato al cpt di Trapani. Da lì, tramite il suo avvocato, ha fatto ricorso contro l' espulsione (con le motivazioni dette prima) e l' udienza si è tenuta il 16 giugno. Il magistrato ha detto che avrebbe fatto sapere la sua decisione entro il 25/26 giugno, Intanto passavano i giorni senza che a Maged dicessero qualcosa. Il 28 giugno, alla mezzanotte, sarebbe scaduto il termine per rimanere al cpt. I funzionari del cpt gli dicevano che, se il magistrato non rispondeva, gli avrebbero notificato un foglio di via con il quale sarebbe dovuto uscire dall'Italia entro 5 giorni.
Si è attivata la rappresentanza palestinese a Roma offrendogli la possibilità di andare in Algeria. Lui l' ha esclusa questa possibilità perchè diceva che, avendo sposato una cittadina italiana, voleva rimanere e lavorare in Italia.
Solo una settimana prima dell' espulsione, Maged ha saputo, tramite funzionari del cpt, che la Siria aveva risposto, ancor una volta, che non era suo cittadino e che non poteva entrare in territorio siriano. Eh già, da dieci anni la Siria, a tutte le richieste fatte (anche per avere il nulla osta per il matrimonio) dalle autorità (magistrati, direttore del carcere, assistenti sociali, ministero della giustizia) ha sempre risposto ufficiosamente (perchè per scritto non ha mai mandato nulla) che non era cittadino siriano.
Perchè quindi la Siria, nel giro di pochi giorni, ha cambiato idea? Cosa le è stato promesso in cambio?
Fatto sta che è stato fatto tutto di nascosto (gli stessi funzionari del cpt di Trapani sono rimasti esterrefatti). Alle 15.00 del 27 giugno Maged è stato prelevato e portato all' aeroporto di Palermo e da lì a Fiumicino. Nel frattempo sono stati avvisati i giornalisti che l' hanno contattato per sapere cosa stava succedendo. Una giornalista (mi pare dell' ansa di Genova) ha telefonato al ministero il quale spudoratamente ha risposto che era solo un cambio di cpt e che sarebbe stato portato al cpt di Roma. Perchè tutto di nascosto, falsando le cose? Tutto fatto di sabato con gli uffici chiusi per cui non si potuto avvertire neanche la rappresentanza palestinese. Alle 19.00 Maged mi telefona per l' ultima volta da Roma dicendomi che da quel momento non poteva più telefonare perchè gli portavano via il cellulare. Appena glielo ridavano mi avrebbe richiamata.
E' partito da Fiumicino alle 22/22.30 accompagnato da due poliziotti italiani. Arrivato a Damasco mi ha telefonato, alle 2.45. Da quel momento.....è sparito. L' hanno fatto sparire!!
Ritengo che il governo italiano, il ministero dell' interno, quello della giustizia, hanno fortissime responsabilità. Ritengo ci sia stata una violazione di tutte le leggi, anche quelle internazionali; espulso ancor prima che un magistrato emettesse la sua sentenza, sentenza di una corte d' assise violata (aveva ancora 3 anni di libertà vigilata da scontare), espulso in un paese dove (essendo alcuni reati commessi sull'Achille Lauro avvenuti in acque territoriali siriane) può essere riprocessato e condannato a morte nonostante sia già stato condannato dall' Italia e nonostante abbia passato 23 anni ed 8 mesi in carcere.
Quali garanzie ha dato la Siria all' Italia sull' incolumità di Maged? L' Italia gliele ha chieste queste garanzie?

Per quel che mi riguarda, posso pensare di tutto, dall' essere stato incarcerato come sequestrato fino all' essere stato ammazzato.
L'unica cosa certa è che Maged, dal momento che è arrivato in Siria l'hanno fatto sparire.
L'Italia è promotrice della moratoria sulla pena di morte eppure non si è fatta scrupoli, ignorando tutte le leggi, nel mandare un uomo in un Paese dove le garanzie dei diritti non ci sono e dove vige la pena di morte.
Maged aveva ragione: è stato usato come merce di scambio e che importa se gli vengono negati tutti i diritti, se può essere torturato o ammazzato!

Biano Carla

17\07\2009

domenica 12 luglio 2009

La Lobby israeliana e il Muro

Lettera al Sole24ore

Sig. Direttore,
negli Stati Uniti esiste, alla luce del sole, una potente lobby
israeliana, il cui rappresentante principale è l’Aipac, che influenza
l’elezione del Presidente e la politica estera medio-orientale, sempre
di incondizionato appoggio allo Stato israeliano e tra le cause
dell’aumento del terrorismo e del risentimento delle popolazioni arabe
e musulmane nei confronti degli Stati Uniti, secondo quanto scrivono
nel documentato libro ‘La Israel Lobby’, J.J.Mearscheimer e S.M.Walt.
E in Italia, in Europa ? Se ne parla poco ma anche qui c’è una lobby
israeliana, costituita dalle Ambasciate, dalle autorità religiose,
dalle Associazioni di amicizia con Israele, dalla maggioranza della
diaspora ebraica ma non tutta, perchè c’è una parte coraggiosa ed
ammirevole, rappresentata principalmente in Italia dalla Rete-ECO ed
in Europa da EJJP, fortemente critica nei confronti dei governi
israeliani. Ci sono poi giornalisti, intellettuali, uomini politici di
sinistra timorosi dell’accusa di antisemitismo, e di destra che,
sostituendo il nemico ebreo con il musulmano, sostengono Israele in
quanto baluardo occidentale nel mondo arabo.
L’esistenza di queste lobby è dimostrata dal fatto che lettere come
questa o comunque critiche nei confronti di Israele non vengono
pubblicate o, quando ciò accade, sono stigmatizzate come ‘segni di
antisemitismo’. E ciò non riguarda solo i comuni cittadini, come il
sottoscritto, ma anche quei, pochi, giornalisti ed intellettuali che
osano criticare la politica dello Stato israeliano. Per Annozero di
M.Santoro su Gaza protestò l’ambasciatore Gideon Meir, Sergio Romano è
sempre contestato, quando esprime opinioni critiche, da lettori dal
cognome ebraico, Barbara Spinelli per aver scritto che il
bombardamento di Gaza era evitabile è stata accusata di mentire e di
aver scritto un articolo di bassa propaganda da Emanuel Segre,
vice-presidente Associazione Italia-Israele, i giornalisti di El Pais,
Miguel Munoz, Maruja Torres e Josè Millas, per aver documentato i
crimini di guerra israeliani, sono stati accusati di antisemitismo
dall’ambasciatore in Spagna, Raphael Schultz. E sui giornali ed in Tv,
non trovano spazio importanti opinioni e testimonianze di veri
pacifisti israeliani come Ilan Pappe, Michel Warschawski, Yitzhak
Laor, Aaron Shabtai, che sostengono, insieme a tutta la società civile
palestinese, un boicottaggio internazionale contro le istituzioni
accademiche, economiche e politiche di Israele, come era stato fatto
per il Sud Africa, noto come campagna BDS.
Solo grazie a queste lobby ed alla complicità occidentale, Israele ha
potuto attuare, fin dal 1948, una politica di apartheid, di ‘transfer’
e di sottrazione della terra, per cui i cittadini israeliani musulmani
e cattolici non hanno gli stessi diritti degli ebrei e lo Stato
israeliano, con le colonie, oggi si estende sul 88% della Palestina
storica. Ed Israele è l’unico Stato che può permettersi impunemente di
bombardare una popolazione , uccidendo oltre 300 bambini, usando bombe
al fosforo e Dime, continuando poi un assedio che tiene in prigione,
affama ed asseta 1.500.000 di persone, senza ottemperare a nessuna
delle innumerevoli risoluzioni dell’Onu e neppure alla sentenza della
Corte Internazionale di Giustizia. Il 9 luglio saranno passati 5 anni
da quella sentenza che stabiliva l’illegalità del Muro e ne decideva
la demolizione ed il risarcimento dei danni, ma il Muro è ancora là,
Israele prosegue nella costruzione e nel frattempo ha ucciso 16
manifestanti pacifici e ne ha feriti ed arrestati centinaia,
dimostrando che ai palestinesi non è permessa neanche la protesta
pacifica.
Un pacifista ebreo, mi pare M.Warschawski, ha scritto queste parole
che richiederebbero più attenzione : “ Verrà il tempo in cui i
responsabili dei crimini contro l’umanità che hanno accompagnato il
conflitto israelo-palestinese ed altri conflitti in questo passaggio
d’epoca, saranno chiamati a rispondere davanti ai tribunali degli
uomini e della storia, accompagnati dai loro complici e da quanti in
occidente hanno scelto la viltà, il silenzio e l’opportunismo”.
Cordiali saluti

Ireo Bono

Piazza Saffi 2/11- Savona
ireobono@gmail.com

Francia e Regione Toscana partecipano alla realizzazione della metropolitana che collegherà le colonie dei Territori occupati a Gerusalemme

Lettera aperta per richiedere un chiarimento sulla natura dell'accordo e sugli impegni della Regione Toscana, sottoscritti nel progetto di collaborazione firmato dall'Assessore Riccardo Conti, con il Ministro dell'ecologia francese per intervenire sulla viabilità e sui trasporti di persone e merci in Israele.


Lettera aperta

al Governatore della Regione Toscana,
dr. Claudio Martini,
all’Assessore regionale ai trasporti e infrastrutture,
dr. Riccardo Conti
e ai Gruppi Politici della Regione Toscana.


Oggetto: richiesta di chiarimenti in relazione alla partecipazione della Regione Toscana al progetto di cooperazione internazionale “Twinning” conseguente alla firma dell’accordo di collaborazione sottoscritto dall’Assessore Riccardo Conti e dal Ministro francese dell’ecologia, energia, sviluppo sostenibile e gestione del territorio – come riportato nel net news n.04 del 20 marzo 2009 del Cispel Confservizi Toscana, ove si afferma che il progetto è finalizzato al miglioramento dell’efficienza della circolazione di passeggeri e merci nei trasporti di Israele e allo sviluppo dei sistemi dei trasporti pubblici locali integrati, multi-nodali e combinati. Come soggetto attuatore di tale progetto la Regione Toscana avrebbe incaricato il Cispel Confservizi Toscana.

Non essendo stato possibile reperire nell’informativa Cispel altri elementi di approfondimento e chiarificazione relativi alla specificità del progetto Twinning – indicato come Bando Twinning n. IS08/ENP-AP/TP02 – mentre sono abbastanza note le problematiche che da tempo associano la Francia alla realizzazione della metropolitana leggera di Gerusalemme, il cui progetto è stato denunciato come illegale anche dalla Commissione del Parlamento Europeo, non si vorrebbe che la Regione Toscana venisse a trovarsi coinvolta con l’accordo Twinning, stipulato con il Ministro francese, in operazioni connesse in vario modo ad obiettivi che di per sé avessero la funzione di rafforzare l’occupazione illegale dei Territori Palestinesi da parte dello stato d’Israele.

Per chiarire l’origine dei dubbi e delle perplessità sollevate è necessario fare qualche passo addietro, a quando nel 2002 l’allora sindaco di Gerusalemme, Ehoud Olmert, patrocinò la realizzazione di una light rail-sistem (metropolitana) che avrebbe dovuto collegare la colonia ebraica di Pisgat Zeev, nella West Bank occupata, alla stazione finale di Monte Herzl, a Gerusalemme Ovest, lungo un percorso di 13,8 km in territorio palestinese. Questa linea della metropolitana sarebbe passata per le colonie ebraiche di French Hill, di Neve Ya’akov e Gilo, oltre che per i quartieri palestinesi di Shuafat, Anata e Gerusalemme Est.

Sempre nel 2002, si costituì il Consorzio Citypass che si aggiudicò il bando internazionale per la costruzione e la gestione della metropolitana Pisgat Zeev – Gerusalemme Ovest Alla costituzione del consorzio avevano partecipato, con quote azionarie diverse, le due multinazionali francesi Alstom e Connex-Veolia, insieme alle società israeliane Ashtrom e Polar Investments e alle banche Hapaolim e Leumi.

Il contratto per la realizzazione delle opere connesse alla metropolitana venne firmato il 17 luglio 2005 con l’impegno di assicurare, entro la fine del 2009, il trasporto di 500 viaggiatori al giorno sui 25 treni che avrebbero viaggiato sulla tratta Pisgat Zeev – Monte Herzl.

Per la sosta delle auto dei viaggiatori provenienti da nord, venne prevista la realizzazione di un “parcheggio scambiatore” in prossimità della stazione Shuafat Nord.

I terreni necessari vennero espropriati ai proprietari palestinesi che ricevettero un indennizzo ridicolo, pari al 25% del loro valore di mercato.

Che la linea di trasporto sarebbe stata di fatto riservata ai soli viaggiatori ebrei è deducibile sia dal costo dei biglietti, troppo elevato per i palestinesi, che dal fatto che la popolazione araba di Ras Kharmis e dei campi profughi di Shuafat e Anata, essendo “residente” al di là del muro dell’apartheid, avrebbe dovuto richiedere ed ottenere permessi speciali per attraversare il check point locale ed accedere alla stazione della metropolitana.

E’ ovvio dedurre che la realizzazione di questa linea della metropolitana, come delle altre otto in programma lungo altre direttrici, porteranno a collegare in modo stabile colonie ebraiche, costruite illegalmente nei territori palestinesi occupati, con Gerusalemme Ovest, rendendo così irreversibile il processo di annessione territoriale di aree palestinesi occupate da parte dello stato israeliano. Ciò renderà impossibile la costituzione di un qualsiasi stato palestinese e sarà un ostacolo insuperabile per qualsiasi processo di pace.

La 4° Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949, come pure la Risoluzione 465 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 1 marzo 1980, avevano affermato in modo chiaro ed indiscutibile che <tutte le misure prese da Israele per modificare le caratteristiche fisiche, la composizione demografica, la struttura istituzionale e lo statuto dei Territori Palestinesi [...], compresa Gerusalemme o ogni parte di questa, non hanno alcun valore legale>.
Tutti gli Stati, di conseguenza, non devono >.

Nel 2005, il Presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, e nel 2006 la Lega Araba condannarono come “illegittima” la costruzione della metropolitana per Gerusalemme e invitarono la Alstom e la Connex-Veolia a “ritirarsi immediatamente” dal consorzio Citypass per evitare ritorsioni nei loro confronti.

Ciononostante il governo francese non si oppose, come avrebbe dovuto, alla partecipazione delle sue due multinazionali alla realizzazione del progetto, affermando essere, l’intervento della Alstom e della Connex-Veolia, di carattere privato, non avendo esse beneficiato per l’occasione di credito estero per l’esportazione e neppure di garanzie da parte della Compagnie francaise d’aide à l’exterieur (Coface). In sostanza, sostenendo che “gli affari sono affari”!

Inoltre, non può essere trascurato il fatto che le due multinazionali francesi non sono coinvolte solo nella realizzazione e gestione della linea ferroviaria leggera che unisce le colonie ebraiche costruite illegalmente nei Territori Palestinesi Occupati con Gerusalemme Ovest, ma esse partecipano anche alla gestione di una rete di servizi e di infrastrutture nelle colonie che contribuiscono a rendere permanente l’occupazione ebraica dei Territori Palestinesi.

Quanto affermato si riferisce alla gestione delle linee di autobus 109 e 110. La Connex 110, ad esempio, unisce Gerusalemme Ovest con le colonie di Mevo Horon e Givat Zeev, nella West Bank. La Veolia è coivolta nello smaltimento dei rifiuti e delle acque reflue delle colonie: essa partecipa al trasporto illegale nella valle del Giordano dei rifiuti provenienti da Israele e dalle colonie attorno a Tovlan.

Contrariamente a quanto affermato dal governo francese, in quanto società transnazionali le multinazionali Alstom e Veolia violano le norme internazionali che disciplinano la responsabilità delle imprese in materia di diritti umani.

Queste includono: La dichiarazione tripartita dei Principi sulle Imprese Multinazionali e la Politica Sociale (2000); le Norme delle Nazioni Unite sulla responsabilità delle imprese trasnazionali (2003); le Linee Guida dell’OCSE per le imprese multinazionali (2000) e il Global Compact delle Nazioni Unite (2000).

A tutto ciò va aggiunto che l’Autorità Palestinese non ha mai concesso alcuna autorizzazione al passaggio della metropolitana sulle terre palestinesi occupate militarmente.

Il 7 febbraio 2006, il deputato greco al Parlamento Europeo, Panagiotis Beglitis, presentò un’interrogazione scritta per far presente l’attività contraria al diritto internazionale svolta dalle multinazionali francesi Connex-Veolia e Alstom in relazione alla costruzione e alla gestione della linea ferroviaria leggera che avrebbe dovuto collegare la colonia Pisgat Zeev con Gerusalemme Ovest, chiedendo nel contempo quali disposizioni potevano essere imposte alla Francia perché le imprese coinvolte fossero obbligate a desistere nel rispetto del diritto internazionale.

Il 22 marzo 2006, l’ineffabile Presidente della Commissione del Parlamento europeo, Mrs Ferrero-Waldner, rispose all’interpellanza confermando l’illegalità di tutto quanto Israele aveva fatto o stava facendo nei Territori Palestinesi Occupati, dalla costruzione delle colonie all’edificazione del muro di separazione e alla distruzione delle case dei palestinesi. Ciononostante il parere della Commissione esprimeva la convinzione che fosse opportuno non esercitare forti pressioni su Israele per non mettere a rischio il dialogo esistente tra Israele e EU. Infine, sulla natura del coinvolgimento commerciale francese nel progetto della metropolitana, la Commissione, pilatescamente, ritenne opportuno di non poter esprimere giudizio alcuno.

Il rifiuto da parte delle Istituzioni Internazionali e dei vari organi di governo di prendere posizione in modo efficace contro queste patenti violazioni del diritto internazionale, portò al lancio di una mobilitazione internazionale in solidarietà con il popolo palestinese.

In occasione del WSF di Belem del 2009 venne promossa la Campagna per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) contro Israele.

Attivisti e avvocati di numerosi paesi si consorziarono per condividere informazioni ed obiettivi. Da Israele alla Palestina, dall’Australia alla Francia, ai Paesi Bassi, alla Norvegia, dal Sud Africa alla Spagna, alla Svezia, alla Svizzera e al Regno Unito, le forze del mondo civile si unirono nel progetto di “Far Deragliare Veolia e Alstom”, progetto che era stato promosso già nel novembre del 2008 al Convegno di Bilbao.

E’ notizia recente, del 08 giugno 2009, che la Campagna BDS sta producendo effetti rilevanti. La multinazionale Veolia non solo starebbe studiando il modo per interrompere la propria partecipazione al progetto della metropolitana di Gerusalemme, ma starebbe cercando perfino di vendere la propria quota di partecipazione alla Citypass del 5%.

Come riportato su Haaretz [www.haaretz.com/hasen/spages/1091186.html] l’attuale ripartizione delle quote azionarie nella Citypass è data dalla Ashtrom (27,5%). Alstom (20%), Polar Investments (17,5%), Israel Infrastructures Fund (10%) e Veolia (5%).

La grande vittoria è arrivata come risultato di un lavoro duro, meticoloso, onesto e accanito svolto dal gruppo francese di solidarietà, in particolar modo dall’AFPS; dal movimento francese BDS, che ha contribuito a far perdere alla Veolia un enorme contratto a Bordeaux; dagli attivisti tedeschi, che hanno ottenuto un primo successo nel persuadere una banca tedesca a disinvestire dalla Veolia; dai gruppi svedesi per la pace e la giustizia, che sono collegati principalmente con la Chiesa di Svezia, in particolar modo quelli della Diakonia e i gruppi di solidarietà Svezia-Palestina, che hanno fatto saltare un contratto di 4,5 miliardi di dollari per la gestione della metropolitana di Stoccolma da parte della Veolia; dai gruppi di solidarietà e degli attivisti britannici, specie quelli associati al PSC, che hanno contribuito ad escludere la Veolia da un contratto lucrativo nel West Midlands e, naturalmente, dagli attivisti del Comitato Nazionale palestinese.

L’attivismo della società civile è riuscito laddove le contraddizioni della politica e gli interessi dell’economia hanno fallito, dato che essi continuano a rimuovere le necessarie considerazioni secondo le quali il rispetto della legalità e del diritto internazionale restano un obbligo vincolante per tutti e non solo un’occasione strumentale per i più forti per penalizzare i “nemici” del momento.

Questa lunga premessa avrebbe lo scopo di chiarire che non sarebbe assolutamente accettabile che gli accordi “Twinning”, sottoscritti dall’Assessore Riccardo Conti, venissero a mascherare l’obiettivo di inserire in qualche modo la Regione Toscana nello scenario descritto, facendola collaborare in loco con società ed enti la cui attività si venisse a connotare come elemento di rafforzamento dell’occupazione israeliana nei Territori Palestinesi.

L’illegalità delle colonie ebraiche costruite su territori palestinesi, espropriati in vario modo, è indiscutibile ed è confortata dal diritto internazionale, per cui dovrebbe risultare inderogabile l’invito fatto dalle Nazioni Unite a tutti i paesi del mondo perché non forniscano assistenza ad Israele, quando questa potrebbe essere usata per stabilizzare l’occupazione dei territori attraverso l’ampliamento delle colonie e il consolidamento delle loro infrastrutture.

Secondo le Nazioni Unite, il territorio dello stato d’Israele è separato dai Territori palestinesi della Cisgiordania, o West Bank, dalla linea armistiziale del 1949, detta anche “linea verde”. La guerra del 1967 ha portato all’occupazione dei territori palestinesi, ex-giordani, Gerusalemme est inclusa, da parte dell’esercito israeliano, ma non ha mai determinato una modifica dei confini internazionalmente riconosciuta. Qualsiasi altra soluzione decisa unilateralmente dal governo israeliano è da ritenersi illegale.

La “linea verde” resta la linea che separa il diritto dall’arbitrio, la tolleranza dalla sopraffazione, la speranza dalla disperazione.

Ci si augura che i nostri timori al riguardo siano infondati. Per una verifica chiarificatrice si richiede che il testo dell’accordo sottoscritto dall’Assessore Conti sia reso pubblico e si possano così avere le informazioni necessarie per fugare ogni perplessità sul rispetto da parte della Regione Toscana delle regole dettate dalle leggi internazionali.


Dr. Mariano Mingarelli
Presidente dell’Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus
via B. Latini,53 - 50133 Firenze
mariano.mingarelli@amiciziaitalo-palestinese.org

La scarsità di acqua affligge la West Bank

di Katya Adler *

Mohammed Abbas è ammalato, di diarrea cronica. Non è la prima volta. Mohammed e la sua famiglia vivono in un villaggio palestinese privo di acqua corrente, senza fognature, e senza alcuna prospettiva di poter ottenere prossimamente sia l’uno che l’altro.

La madre Sunna, guardando suo figlio che, con gli occhi chiusi, su un materasso sul pavimento stringe con forza il suo stomaco, mi ha detto di essere disperata.

“Sono arrabbiata che mio figlio sia tanto ammalato. Il medico dice che è a causa dell’acqua. Noi la compriamo da fuori. Non so da dove provenga. La do ai miei bambini anche se so che è contaminata. Cos’altro posso fare?”

Il racconto di Sunna sta diventando sempre più comune nella West Bank. Il nome del suo villaggio, Faqua, in arabo significa bolle di acqua sorgiva, ma l’accesso all’acqua è scomparso molto tempo fa.

Il consiglio del villaggio racconta che la maggior parte delle sorgenti sotterranee è stata confiscata da Israele nel 1948, quando venne fondato lo stato.

A metà degli anni 1990, venne costituito un Comitato israelo-palestinese per l’acqua, come parte degli accordi di pace di Oslo.

Ma i palestinesi sostengono che Israele rese di fatto loro impossibile scavare nuovi pozzi o collegarsi alla rete idrica israeliana.

Rimasugli.

La West Bank è sede di una importante riserva idrica regionale.

Secondo una relazione della Banca Mondiale pubblicata quest’anno, Israele riserva l’80% dell’acqua che estrae dalla regione acquifera montana per i cittadini israeliani.

I palestinesi prendono i rimasugli. Il che non è sufficiente.

Mentre giravamo in auto intorno a Faqua, trovammo un’autobotte di acqua privata, il cui tubo attraversata la strada entrava nel cortile posteriore della famiglia Sallah.

Là, acqua dall’aspetto fangoso zampillava dentro una cisterna interrata .

La Banca Mondiale riferisce che la qualità dell’acqua sta peggiorando. In questo modo i palestinesi pagano profumatamente.

L’acqua sporca fa ammalare la gente. La mancanza d’acqua implica prezzi elevati. Munir Sallah afferma che ciò rende perfino più dura una vita già tanto faticosa.

“Noi abbiamo bisogno di molto denaro per coprire queste spese. Potremmo usare il denaro per altre cose, come cibo ad esempio.

Ogni soldo che abbiamo dobbiamo utilizzarlo per pagare l’acqua. Non potrai così mangiare bene. Non potrai usare molta energia elettrica. Sei obbligato a risparmiare questi soldi per l’acqua.

“A Faqua il denaro scarseggia. I campi del villaggio se ne stanno sterili, secchi e polverosi. Tradizionalmente i villaggi palestinesi dipendono dall’agricoltura. Per questo c’è bisogno di acqua.”

Scambio di responsabilità.

Ma Israele sostiene che qui non c’è da lamentarsi – la pianificazione è palestinese.

Israele afferma che il villaggio di Faqua non ha mai richiesto di collegarsi alla rete idrica – sebbene il sindaco del posto contesti questa asserzione.

Israele dice che l’Autorità Palestinese per l’Acqua dovrebbe essere più operativa nella West Bank.

I Gruppi per i Diritti Umani raccontano una storia diversa. Sarit Michaeli lavora per B’tselem:

“ Israele fornisce l’acqua a richiesta di ciascun israeliano, compresi i coloni nella West Bank.

“I palestinesi hanno il diritto all’acqua. Per la legge internazionale questo è un loro diritto fondamentale, ma molto spesso sono discriminati nell’attribuzione di questa risorsa.

“Nell’intera regione l’acqua scarseggia dappertutto, ma la poca acqua che abbiamo deve essere suddivisa in modo uguale tra israeliani e palestinesi.”

Lassù sulle brune colline di Faqua, un frustrato agricoltore palestinese ci mostra i campi lussureggianti di un contiguo kibbutz israeliano.

Il villaggio di Faqua è proprio sulla linea di confine tra la West Bank ed Israele.

Una jeep dell’esercito israeliano ci tiene sotto osservazione dall’altro lato della barriera metallica – parte della barriera di separazione che Israele sta costruendo all’interno e attorno alla West Bank.

Ahmad Abu Salamah sostiene che qui Israele ha dato il bacio della morte all’agricoltura.

“Nel villaggio di Faqua, noi viviamo nella zona C – in quella parte della West Bank che è sottoposta al controllo totale israeliano: Israele dovrebbe fornirci l’acqua. Se lo facesse le nostre terre sarebbero verdeggianti come le loro. Ma loro utilizzano tutta l’acqua per i loro campi.

“L’acqua insieme alla terra e alla religione, qui sono al centro del conflitto. Una giusta distribuzione dovrà essere alla base di ogni soluzione.”

* da BBC NEWS, Jerusalem

http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/8141771.stm

mercoledì 8 luglio 2009

Israele è l'espressione più folle del Sionismo. Israele dovrebbe essere dichiarato uno stato fallito.

Lettera dal carcere israeliano di Cynthia McKinney *

Sono Cynthia McKinney e parlo da una cella di una prigione Israelian a Ramle. (Sono una dei) 21 Free Gaza, attivisti per i diritti umani attualmente imprigionati per aver cercato di portare a Gaza aiuti sanitari, materiale da ricostruzione e persino pastelli a cera per bambini, io avevo una borsa piena di pastelli a cera per bambini. Mentre stavamo navigando verso Gaza gli Israeliani hanno minacciato di sparare alla nostra barca, ma noi non siamo tornati indietro. Gli Israeliani ci hanno dirottato e arrestato perchè volevamo consegnare pastelli a cera ai bamibini di Gaza. Siamo stati arrestati e vogliamo che le persone del mondo vedano come ci hanno trattato solo perchè volevamo portare la nostra assistenza umanitaria alla popolazione di Gaza.

Quando è iniziata l'Operazione Piombo Fuso (dicembre 2008) , sono salita a bordo dell'imbarcazione di Free Gaza con un preavviso di solo un giorno e ho cercato, in qualità di rappresentante USA in un delegazione multi-nazionale, di consegnare 3 tonnellate di materiale medico ad una Gaza già assediata e davastata.

Durante l'Operazione Piombo Fuso, gli Stati Uniti hanno fornito F-16 per far piovere fiamme dell'inferno su una popolazione in trappola. La pulizia etnica è diventata nettamente genocidio alla massima potenza. Gli Stati Uniti hanno fornito fosforo bianco, uranio impoverito, tecnologia robotica, armi DIME, e bombe a grappolo, nuove armi che creano ferite mai trattate prima da dottori Giordani e Norvegesi. Alcuni dottori che erano a Gaza durante l'offensiva Israeliana, mi hanno raccontato in seguito, che Gaza era diventata un'autentico laboratorio per testare le armi, persone usate per testare e migliorare il potenziale omicida delle loro armi.

Il mondo ha visto la violenza vile di Israele, grazie ad Jazeera Arabic and Press TV che trasmette in inglese. Ho visto i loro filmati e nel giro di un giorno, non dagli USA, ma dal Libano, ho fatto il mio primo tentativo di entrare a Gaza che è terminato perchè i militari Israeliani hanno speronato, in acque internazionali, la barca su cui mi trovavo...E' persino un miracolo che io mi trovi qui ora a scrivere del mio secondo incontro con i militari Israeliani, di nuovo una seconda missione umanitaria interrotta dai militari Israeliani.

Le autorità Israeliane hanno tentato di farci confessare che stavamo commettendo un crimine...Io sono conosciuta ora come la prigioniera Israeliana numero 88794. Come posso essere finita in prigione per aver raccolto pastelli a cera per bambini?

Il Sionismo è sicuramente andato oltre ogni possibile legittimazione se questo è quanto fa a persone che credono così profondamente nei diritti umani da mettere le proprie vite a disposizione per i figli di altri. Israele è l'espressione più folle del Sionismo, ma se Israele teme per la sua sicurezza perchè i bambini di Gaza hanno pastelli a cera, allora non solo Israele ha perso il suo ultimo brandello di legittimità, ma Israele dovrebbe essere dichiarato uno stato fallito.

Devo affrontare la deportazione da uno stato che mi ha portato qui con la pistola puntata dopo aver dirottato la nosta barca. Io sono stata portata in Israele contro la mia volontà. Sono trattenuta in questa prigione perchè avevo un sogno: che i bambini di Gaza potessero disegnare e colorare, che le ferite di Gaza potessero essere medicate e che le case bombardate di Gaza potessero essere ricostruite.

Sto imparando una cosa interessante stando in questa prigione. Prima di tutto, è incredibilmente nera: popolata in gran parte da Etiopi che avevano anche loro un sogno...come le mie compagne di cella, di cui una è incinta. Sono tutte sulla ventina. Pensavano di venire nella Terra Santa. Sognavano che la loro vita sarebbe migliorata...Quella che una volta era l'orgoglio, l'Etiopia mai colonozzata (è stata gettata dentro) la tasca posteriore degli Stati Uniti, ed è divenuta un luogo di torture, interpretazione e occupazione. Gli Eitiopi devono liberare la propria terra perchè i superpoteri politici (sono) diventati più importanti dei diritti umani e dell'autodeterminazione.

Le mie compagne di cella erano venue nella Terra Santa perchè così potevano essere libere dalle esigenze di una politica superpotente. Non hanno commesso nessun crimine, eccetto quello di avere un sogno. Sono venute in Israele perchè pensavano che Israele avesse fatto loro una promessa. Il loro viaggio verso Israele attraverso il Sudan e l'Egitto è stato arduo. Posso solo immaginare cosa possa essere stato per loro. E non è stato neanche economico. Molte di loro rappresentano tutti i migliori sforzi familiari affinchè potessero realizzarsi. Hanno percorso la loro strada fino alla Commissione ONU per i Rifugiati. Hanno ottenuto le loro carte gialle di identificazione. Hanno avuto il loro certificato per la protezione dalle forze dell'ordine. Sono rifugiate da una tragedia, hanno percorso tutta la loro strada verso Israele che, solo dopo l'arrivo, ha detto loro: "non c'è l' ONU a Israele".

La polizia qui ha l'utorità per prenderle e infilarle nel buco nero della farsa di un sistema di giustizia. Queste belle, lavoratrici, e orgogliose donne rappresentano la speranza di intere famiglie. L'idea di un tipo di Israele ha ingannato loro, come noi tutti. Con una campagna di marketing e di propaganda vasta e astuta , Israele rappresenta se stesso come il miglior posto del mondo, per Ebrei e Cristiani, dove trovare rifugio e sicurezza. Anche io ho creduto a quella campagna di marketing e non ho guardato più a fondo.

La verità è che Israele ha mentito al mondo. Israele ha mentito alle famiglie di queste giovani donne. Israele ha mentito alle donne stesse che adesso sono intrappolate nella prigione di Ramle. E ora cosa dobbiamo fare? Una delle mie compagne di cella ha pianto oggi.E' qui da 6 mesi. Come Americana, piangere con loro non è abbastanza. La politica degli Stati Uniti deve migliorare e mentre noi guardiamo il Presidente Obama dare 12.8 trilioni di dollari all'elite finanziaria degli Stati Uniti dovrebbe essere chiaro ora che speranza, cambiamenti e "yes we can" erano immagini potenti e ben presentate, di dignità e autorealizzazione , individuale e nazionale, in cui tutti i popoli assediati, ovunque, hanno veramente creduto.

Era una campagna di marketing astuta, data in pasto al mondo e agli elettori Americani in maniera tanto astuta quanto quella Isreaeliana.

We must cast an informed vote about better candidates seeking to represent us. Ho letto e riletto la lettera di Dr. Martin Luther King Junior da una prigione di Birmingham. Neanche nei miei sogni peggiori avrei mai immaginato che mi sarei trovata a scrivere anche io così, un giorno. E' chiaro che i contribuenti Europei e Statunitensi hanno parecchi soldi da pagare, per quanto fanno ad altri nel mondo.

Che ironia! Mio figlio inizia il suo programma giuridico a scuola senza di me, perchè sono in prigione, cercando di fare del mio meglio, ancora, per i figli di altri. Perdonami, figlio mio. Immagino che sto sperimentando la peggiore realtà che mi fa capire perchè le persone hanno bisogno di sogni. (Ma) sono fortunata. Lascerò questo posto. Forse Israele sta diventando il posto dove muoiono i sogni?

Chiedetelo alle persone in Palestina. Chiedetelo alle file di uomini neri e Asiatici che vedo processare a Ramle. Chiedete alle donne nella sezione di questo carcere. (Chiedetelo a voi stessi: ) cosa vorresti fare?

Cambiamo il mondo insieme e reclamiamo ciò di cui tutti abbiamo bisogno come esseri umani : la Dignità. Faccio appello alle Nazioni Unite per chiedere che queste donne a Ramle, che non hanno fatto nulla di male oltre a credere che Israele fosse il guardiano della Terra Santa, possano essere sistemate in case sicure. Faccio appello al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti di includere la condizione dei detenuti certificati come rifugiati UNHCR, tra i rapporti annuali sui diritti umani che Israele deve fare come Stato. Faccio appello ancora una vola al Presidente Obama chiedendo di andare a Gaza: fa recare lì il tuo inviato speciale, George Mitchell per incontrare Hamas come scelta eletta dal popolo Palestinese.

Dedico questo messaggio a tutti coloro che lottano per avere una Palestina libera, e alle donne che ho incontrato a Ramle.

Da Cynthia McKinney, 2 luglio 2009, conosciuta anche come prigioniera a Ramle, numero 88794.

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*Cynthia McKinney e un ex membro del Congresso USA, candidata alla presidenza per il Green Party, e un insigne difensore dei diritti umani e della giustizia sociale. La prima Afro-Americana a rappresentare lo stato della Georgia, la McKinney è stata in carica per 6 mandati presso la Camera dei Rappresentanti USA, dal 1993 al 2003, e dal 2005 al 2007. E' stata arrestata e tratta forzatamente in Israele mentre cercava di portare materiale umanitario e da ricostruzione a Gaza il 30 giugno. Per maggiori informazioni, cercare nel sito : http://www.FreeGaza.org

La necessità del boicottaggio culturale ad Israele

di Ilan Pappe *

Se c’è qualcosa di nuovo nella storia senza fine della Palestina è l’evidente mutamento dell’opinione pubblica nel Regno Unito. Ricordo l’arrivo in questa isola nel 1980 quando, dato il mio sostegno alla Palestina, ero stato relegato a sinistra e in essa ad una sezione molto particolare e a una corrente ideologica. Il trauma del dopo-olocausto e il complesso di colpa, gli interessi economici e militari e la buffonata di Israele come unica democrazia in tutto il Medio Oriente, hanno giocato tutti un ruolo importante nel fornire un’immunità allo stato di Israele.

Molto poco è stato fatto, così sembra, da uno stato che aveva privato dei propri averi metà della popolazione originaria della Palestina, demolito metà dei loro villaggi e città, discriminato la minoranza tra coloro che vivevano all’interno dei suoi confini in un sistema di apartheid e ne ha isolato due milioni e mezzo entro enclave soggetti ad una dura ed oppressiva occupazione militare.

Quasi trent’anni dopo sembra che tutti questi filtri e diaframmi siano stati rimossi. L’ampiezza della pulizia etnica del 1948 è ben nota, la sofferenza della gente nei territori occupati è stata testimoniata e descritta perfino dal presidente degli Stati Uniti come feroce e disumana. Analogamente, la distruzione e lo spopolamento dell’area della grande Gerusalemme viene evidenziata giornalmente, come pure il carattere razzista delle politiche applicate nei confronti dei palestinesi in Israele vengono frequentemente criticate e condannate.

Oggigiorno nel 2009 la realtà è stata descritta dalle UN come “una catastrofe umana”. Settori consapevoli e attenti della società britannica conoscono benissimo chi è responsabile e ha prodotto questa catastrofe. Ciò non è più connesso a circostanze indefinite, o al “conflitto” – viene visto con chiarezza come il risultato delle politiche israeliane nel corso degli anni. Quando l’Arcivescovo Desmond Tutu venne interpellato sulla sua reazione a ciò che aveva visto nei Territori Occupati, egli fece notare con tristezza che era stato peggio dell’apartheid. Dovrebbe intendersene.

Come nel caso del Sud Africa, questa gente rispettabile, sia a livello individuale che come componenti di organizzazioni, esprime ad alta voce la propria indignazione per il proseguire della oppressione, della colonizzazione, della pulizia etnica e del far morire di fame in Palestina. Essi stanno cercando il modo per rendere evidente la loro protesta e alcuni sperano perfino di convincere i loro governanti a cambiare la loro vecchia politica di indifferenza e di inerzia di fronte al proseguire dello scempio della Palestina e dei palestinesi. Molti tra loro sono ebrei, in quanto queste atrocità sono compiute in loro nome secondo la logica dell’ideologia sionista, e un numero considerevole tra loro sono veterani delle passate lotte sociali nel loro paese per cause equivalenti nel mondo. Essi non sono più limitati ad un partito politico e sono di ogni estrazione sociale.

Il governo britannico non ha fatto tanta strada. Esso fu inerte anche quando, in questo paese, il movimento anti-apartheid chiese che esso imponesse sanzioni al Sud Africa. Occorsero diverse decine di anni perché questo attivismo dal fondo raggiungesse il vertice politico. Sta richiedendo un tempo maggiore nel caso della Palestina: senso di colpa a proposito dell’olocausto, narrazioni storiche distorte, e contemporaneamente il travisamento di Israele come una democrazia che ricerca la pace e i palestinesi come eterni terroristi islamici sono fattori che hanno bloccato il flusso dello slancio popolare. Ma sta cominciando a trovare la propria strada, ad essere presente, nonostante l’accusa continua di essere ogni richiesta di questo tipo anti-semitica, oltre alla demonizzazione dell’islam e degli arabi. Il terzo settore, quell’importante collegamento tra le agenzie civili e quelle governative, ci ha mostrato la via.. Un sindacato dopo l’altro, un gruppo professionale dopo l’altro, hanno inviato recentemente un chiaro messaggio: adesso basta. E’ stato fatto nel nome della decenza, della umana moralità e di un basilare impegno civile per non restare inattivi di fronte alle atrocità del tipo di quelle che Israele ha e sta ancora commettendo a carico del popolo palestinese.

In questi ultimi otto anni la politica criminale di Israele si è intensificata e gli attivisti palestinesi hanno ricercato mezzi nuovi per confrontarsi con essa. Hanno provato di tutto, scontro armato, guerriglia, terrorismo e diplomazia: nulla è servito. E non si sono ancora arresi e ora stanno proponendo una strategia non-violenta – quella del boicottaggio, disinvestimento e sanzioni. Con questi mezzi desiderano persuadere i governanti occidentali di salvare da una catastrofe imminente e da uno spargimento di sangue non solo loro, ma ironicamente anche gli ebrei di Israele. Questa strategia ha generato l’appello per il boicottaggio culturale di Israele. Questa richiesta è invocata da ogni parte della realtà palestinese: dalla società civile sotto occupazione e dai palestinesi in Israele. E’ appoggiata dai profughi palestinesi ed è portata avanti dai membri delle comunità palestinesi in esilio. E’ giunta nel momento opportuno ed ha dato modo alle persone e alle organizzazioni nel Regno Unito di esprimere la loro ripugnanza per le politiche israeliane e allo stesso tempo è una strada per prendere parte alla pressione globale sul governo perché modifichi la sua politica consistente nel fornire immunità all’impunità sulla terra.

E’ sconcertante che questo cambiamento della opinione pubblica non ha avuto finora un impatto sulla politica; ma d’altra parte abbiamo ricordato la via tortuosa che dovette percorrere la campagna contro l’apartheid prima che divenisse un fatto politico. Inoltre, è importante ricordare come, a Dublino, due donne coraggiose, lavorando duramente sulle cassiere in un supermercato locale, furono le prime che dettero inizio a un vasto movimento di svolta con il rifiutarsi di vendere beni del Sud Africa. Ventinove anni più tardi, la Gran Bretagna arruolò altri nell’imporre sanzioni sull’apartheid. Così, mentre i governi sono indecisi per motivi cinici, per paura di essere accusati di anti-semitismo o forse attribuibili a inibizioni islamofobiche, cittadini e attivisti, simbolicamente e fisicamente, fanno del loro meglio per informare, protestare e reclamare. Essi fanno una campagna più organizzata, quella del boicottaggio culturale, o possono associare i loro sindacati in una politica coordinata di pressione. Possono utilizzare anche il loro nome o la loro fama per indicare a noi tutti che a questo mondo un popolo rispettabile non può accettare ciò che Israele fa e ciò che esso rappresenta. Essi non sono in grado di sapere se la loro attività determinerà un mutamento immediato o se potrebbero essere così fortunati da vedere una trasformazione durante la loro vita. Ma nel loro personale libro riferito a chi sono e a ciò che hanno fatto in vita, come pure secondo l’occhio inclemente del giudizio della storia, essi potrebbero essere annoverati insieme a tutti coloro che non sono rimasti indifferenti quando la disumanità ha imperversato nelle loro stesse nazioni o altrove mascherata da democrazia.

D’altro canto, in questo paese cittadini, in particolar modo quelli più conosciuti, che continuano a far circolare, molto spesso non per ignoranza o per altri motivi più biechi, la favola di Israele come società di cultura occidentale o come “l’unica democrazia in Medio Oriente”, sbagliano e non solo dal punto di vista dei fatti. Essi forniscono l’immunità ad una delle maggiori barbarie del nostro tempo. Alcuni tra loro pretendono che si dovrebbe lasciare la cultura fuori dalle vicende politiche. Questo approccio alla cultura israeliana e a quella accademica come se fossero entità separate dall’esercito, dall’occupazione e dalla distruzione è moralmente perverso e logicamente morto e sepolto. Alla fine, un giorno l’indignazione prorompente dal basso, anche nella stessa Israele, farà mettere in campo una nuova politica – l’attuale Amministrazione U.S. sta già mostrando i primi segni di ciò. La Storia non ha guardato in modo benigno quei produttori cinematografici che hanno collaborato con il senatore U.S. Joseph McCarthy negli anni 1950 o che hanno avvallato l’apartheid. Un atteggiamento analogo assumerebbe nei confronti di coloro che ora stanno in silenzio a proposito della Palestina.

Un bel caso relativo alla questione è successo a Edimburgo il mese scorso. Il produttore cinematografico Ken Loach ha condotto una campagna contro le relazioni istituzionali e finanziarie che il film festival della città aveva avuto con l’ambasciata d’Israele. Un tale atteggiamento aveva lo scopo di inviare un messaggio secondo il quale l’ambasciata non rappresenta solo i produttori cinematografici di Israele, ma anche i suoi generali che hanno massacrato il popolo di Gaza, i suoi aguzzini che torturano i palestinesi nelle carceri, i suoi giudici che hanno mandato in prigione 10.000 palestinesi – la metà di loro bambini – senza processo, i suoi sindaci razzisti che vogliono espellere gli arabi dalle loro città, i suoi architetti che costruiscono muri e barriere per isolare il popolo ed impedire che esso raggiunga i propri campi, le scuole, i cinema e gli uffici e i suoi politici che elaborano tuttora strategie per portare a termine la pulizia etnica della Palestina che essi iniziarono nel 1948. Ken Loach ha pensato che solo un appello al boicottaggio del festival nel suo insieme riporterebbe i suoi direttori ad un senso e a una visione morale. Egli ha avuto ragione; fatto, perché la questione è così ben definita e l’intervento così puro e semplice.

Non ci si deve sorprendere che si sia sentita una voce contraria. Questa è una continua battaglia che non si sarebbe vinta facilmente. Mentre scrivo queste parole, noi commemoriamo il 42-mo anno dell’occupazione israeliana – la più lunga e una delle più crudeli nei tempi moderni. Ma il tempo ha fornito anche la lucidità necessaria per tali scelte. Ciò lo si deve al fatto che l’azione di Ken fu immediatamente efficace; in seguito perfino questo non sarebbe necessario. Uno dei suoi critici cercò di puntualizzare il fatto che in Israele alla gente piacciono i film di Ken, quindi tutto quanto risultava come una forma di ingratitudine. Posso assicurare questo critico che quelli tra noi che guardano i film di Ken sono anche quelli che lo salutano per il suo coraggio e, a differenza di questo critico, noi non pensiamo che questo fatto equivalga a sollecitare la distruzione di Israele, ma lo riteniamo piuttosto come l’unico modo per salvare gli ebrei e gli arabi che vivono là. Ma, in ogni modo, è difficile prendere seriamente una tale critica quando viene associata alla descrizione dei palestinesi come un’entità terroristica e Israele come una democrazia al pari della Gran Bretagna. La maggior parte di noi nel Regno Unito si è allontanata molto da tali scemenze propagandistiche ed è in grado di mutare atteggiamento. Ora stiamo aspettando che il governo di questa isola risponda per le rime.

*Ilan Pappe insegna attualmente alla cattedra nel Dipartimento di Storia all’Università di Exeter (UK)

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(traduzione: mariano mingarelli)

martedì 7 luglio 2009

Raccontare la verità per capire il torto. "Israele chieda scusa"

7 video di Paolo Barnard: progetto sionista, pulizia etnica, nascita di Israele e menzogne usate per inventare false ragioni

http://www.forumpalestina.org/news/2009/Luglio09/02-07-09PalestinaCapireTorto.htm

"Le azioni di rappresaglia sono la nostra linfa vitale, con esse possiamo mantenere un alto livello di tensione fra la nostra popolazione e nell'esercito. Israele si deve inventare i pericoli e per farlo deve adottare il metodo della provocazione e della ritorsione" Moshe Sharett (Premier di Israele nel governo di Ben Gurion)

7 pillole-antidoto per proteggersi dai sedicenti di sinistra sostenitori del progetto sionista e dagli intellettuali e universitari falsamente equidistanti che elogiano la "democrazia etnica" israeliana e che si abbarbicano su false ragioni israeliane e inventano falsi torti palestinesi.

"Se vogliamo porre fine alla tragedia israelo-palestinese, anche per il bene del popolo ebraico che viene regolarmente ingannato da questi assassini neo-nazisti che sono i leader politici sionisti, se vogliamo la pace in quelle terre va raccontata la verità. Bisogna che Israele chieda scusa"
Paolo Bardard
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