“Abbiamo un paese che è di parole. E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla, così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”

Mahmud Darwish

L'angolo della poesia


http://www.arabcomint.com/la_vita_e_le_opere_di_mahmud_dar.htm
http://www.mahmouddarwish.com/

Cantando per le strade
Cantando per le strade, per i campi,
il nostro sguardo farà scaturire l'osservatorio
dal posto più lontano
dal posto più profondo
dal posto più bello,
dove non si vede che l'aurora,
e non si sente che la vittoria.
Usciremo dai nostri campi
Usciremo dai nostri rifugi in esilio
Usciremo dai nostri nascondigli,
non avremo più vergogna, se il nemico ci offende.
Non arrossiremo:
sappiamo maneggiare una falce,
sappiamo come si difende un uomo disarmato.
Sappiamo anche costruire
Una fabbrica moderna,
una casa,
un ospedale,
una scuola,
una bomba,
un missile.
E sappiamo scrivere le poesie più belle.

Mahmud Darwish


Innamorato dalla Palestina
I tuoi occhi sono una spina nel cuore
lacerano, ma li adoro.

Li proteggo dal vento
e li conficco nella notte e nel dolore
cosi la sua ferita illumina le stelle,
trasforma il presente in futuro
più caro della mia anima.

Dimentico qualche tempo dopo
quando i nostri occhi si incontrano
che una volta eravamo
insieme, dietro il cancello.

Le tue parole erano una canzone
che io tentavo di cantare ancora,
ma la tribolazione si era posata
sulle fiorenti labbra.

Le tue parole come la rondine
volarono via da casa mia
volarono anche la nostra porta
e la soglia autunnale
inseguendo te,
dove si dirigono le passioni ….

I nostri specchi si sono infranti
la tristezza ha compiuto 2000 anni,
abbiamo raccolto le schegge del suono
e abbiamo imparato a piangere la patria.

La pianteremo insieme,
nel petto di una chitarra;
la suoneremo sui tetti della diaspora
alla luna sfigurata ed ai sassi.

Ma ho dimenticato,
oh tu dalla voce sconosciuta!
Ho dimenticato,
è stata la tua partenza
ad arrugginire la chitarra,
o è stato il mio silenzio?

Ti ho vista ieri al porto
viaggiatore senza provviste … senza famiglia.
Sono corso da te come un orfano
chiedendo alla saggezza degli antenati:
perché trascinare il giardino verde
in prigione, in esilio, verso il porto
se rimane, malgrado il viaggio,
l’odore del sale e dello struggimento,
sempre verde?

Ho scritto sulla mia agenda:
amo l’arancio e odio il porto,
ho aggiunto sulla mia agenda:
al porto mi fermai
la vita aveva occhi d’inverno,
avevamo le bucce dell’arancio
e dietro di me la sabbia era infinita!

Giuro, tesserò per te
un fazzoletto di ciglia
scolpirò poesie per i tuoi occhi
con parole più dolce del miele
scriverò “sei palestinese e lo rimarrai”

Palestinesi sono i tuoi occhi,
il tuo tatuaggio
Palestinesi sono il tuo nome,
i tuoi sogni
i tuoi pensieri e il tuo fazzoletto.
Palestinesi sono i tuoi piedi,
la tua forma
le tue parole e la tua voce.
Palestinese vivi, palestinese morirai.


Mahmoud Darwish


Carta d’identità
Scrivi: sono un arabo;
la mia carta porta il numero cinquantamila.
Ho otto bambini,
e il nono nascerà dopo l’estate.
Ti dispiace forse?

Scrivi: sono un arabo;
impiegato con i compagni della miseria in una cava,
ho otto bambini
per i quali dalla roccia
ricavo il pane,
i vestiti ed il quaderno.
Non chiedo la carità alle vostre porte
né mi umilio davanti alle piastrelle dei gradini.
Ti dispiace forse?

Scrivi: sono un arabo; un nome senza titolo
e resto paziente in una terra
dove tutto vive con impulso di furia.
Le mie radici si sono ancorate qua,
prima del nascere del tempo
prima dell’apertura delle ere
anteriormente ai cipressi, agli uliveti
ed al crescere dell’erba.

Mio padre …viene dalla stirpe dell’aratro,
non è un figlio di signori privilegiati,
mio nonno pure era un contadino
né ben cresciuto, né ben nato!
Mi insegnava l’orgoglio del sole
prima di insegnarmi la lettura dei libri.
La mia casa è la guardiola di un custode
fatta di rame e di canna.
Sei soddisfatto della mia posizione?
Ho un nome senza titolo!

Scrivi: sono un arabo;
dai capelli color carbone
e dagli occhi bruni.
La mia descrizione:
un akal sulla kufiyya copre il mio capo;
e il palmo della mano duro come la roccia,
graffia chi lo oserebbe toccare.

Il mio indirizzo è:
un villaggio disarmato … dimenticato
dalle vie senza nomi.

Scrivi: sono un arabo;
avete rubato la vigna dei miei nonni
e la terra che coltivavo
insieme ai miei figli.
Senza lasciare a noi nulla
né ai nostri nipoti …
se non queste rocce.E’ forse vero che il vostro stato
prenderà anche queste …
come si mormorava?

Allora!
scrivilo in cima alla prima pagina:
“non odio la gente
né aggredisco alcuno,
ma se divento affamato
la carne dell’ usurpatore sarà il mio cibo.

Attenzione!
Guardatevi
dalla mia collera
e dalla mia fame!
Mahmoud Darwish


Potete legarmi mani e piedi
Potete legarmi mani e piedi
togliermi il quaderno e le sigarette
riempirmi la bocca di terra
la poesia è sangue del mio cuore vivo
sale del mio pane,
luce dei miei occhi,
sarà scritta con le unghie,
lo sguardo
e il ferro.
La canterò nella cella della mia prigione
nella stalla
sotto la sferza
tra i ceppi
nello spasimo delle catene.
Ho dentro di me milioni di usignoli
per cantare la mia canzone di LOTTA.

Mahmoud Darwish

Si tratta di un uomo
Incatenarono la sua bocca
legarono le sue mani
alla roccia della morte
e dissero: “sei un assassino“.

Gli tolsero il cibo, gli abiti, le bandiere
lo gettarono nella cella dei morti
e dissero: “sei un ladro“.

Lo rifiutarono in tutti i porti
portarono via la sua piccola amata
e dissero: “sei un profugo“.

O tu, dagli occhi e le mani sanguinanti!
la notte è effimera,
né la camera dell’arresto
né gli anelli delle catene
sono permanenti.

Nerone è morto, ma Roma no,
lotta persino con gli occhi!
e i chicchi di una spiga morente
riempiranno la valle di grano.


Diario di una ferita palestinese
La mia bandiera è color nero
il mio porto è una bara
e la mia schiena è un ponte.

Oh, autunno del mondo
che dentro di noi sei demolito
Oh, primavera del mondo
che dentro di noi sei generata.

Il mio fiore è rosso
il mio porto è aperto
e il mio cuore è un albero!
La mia lingua è il mormorio dell’acqua
nel fiume delle tempeste, negli
specchi del sole e del frumento
e nel campo di battaglia.
Forse alcune volte ho smarrito l’espressione
ma sono stato – senza vergogna - splendido
quando ho scambiato il mio cuore con l’oceano

Ho per te una parola, che non dissi ancora:
l’ombra è sulla finestra, ed occupa la luna

Il mio paese è un poema,
in esso ero un suonatore
ma poi divenni una corda musicale!

Il geologo è occupato,
analizza la sua roccia.
Cerca i suoi occhi
nelle rovine dei miti.
Vuole provare, che sono
un viandante senza occhi!
che non ho nemmeno una lettera
nel libro della civiltà!

Ma continuo a seminare i miei alberi,
senza fretta, e a cantare per il mio amore.


Passanti tra parole fugaci
O voi, viaggiatori tra parole fugaci
portate i vostri nomi,
ed andatevene.
Ritirate i vostri istanti dal nostro tempo,
ed andatevene.
Rubate ciò che volete dall’azzurrità del mare
e dalla sabbia della memoria.
Prendete ciò che volete d’immagini,
per capire che mai saprete
come una pietra dalla nostra terra
erige il soffitto del nostro cielo.
O voi, viaggiatori tra parole fugaci
da voi la spada … e da noi il sangue
da voi l’acciaio, il fuoco … e da noi la carne
da voi un altro carro armato … e da noi un sasso
da voi una bomba lacrimogena … e da noi la pioggia.
E’ nostro ciò che avete di cielo ed aria.
Allora, prendete la vostra parte del nostro sangue,
ed andatevene.
Entrate ad una festa di cena e ballo,
ed andatevene.
Noi dobbiamo custodire i fiori dei martiri.
Noi dobbiamo vivere, come desideriamo.
O voi, viaggiatori tra parole fugaci.
Come la polvere amara, marciate dove volete
ma non fatelo tra di noi, come insetti volanti.
L’aceto è nella nostra terra finché lavoriamo,
mietiamo il nostro grano, lo annaffiamo
con le rugiade dei nostri corpi.
Abbiamo qui ciò che non vi accontenta:
un sasso … o una soggezione.
Prendete il passato, se volete, e portatelo
al mercato degli oggetti artistici.
Rinnovate lo scheletro all’ upupa, se volete,
su un vassoio di terracotta.
Abbiamo qui ciò che non vi accontenta:
abbiamo il futuro….e abbiamo
nella nostra terra, ciò che fare.
O voi, viaggiatori tra parole fugaci.
Ammassate le vostre fantasie in una
fossa abbandonata, ed andatevene.
E riportate le lancette del tempo
alla legittimità del vitello sacro
o al momento della musica di una pistola!
Abbiamo qui ciò che non vi accontenta
abbiamo ciò che non c’è in voi:
una patria sanguinante
un popolo sanguinante, una patria
adatta all’oblio o alla memoria ….
O voi, viaggiatori tra parole fugaci.
E’ giunto il momento che ve ne andiate
e dimoriate dove volete, ma non tra noi.
E’ giunto il momento che vi ne andiate
e moriate dove volete, ma non tra noi.
Abbiamo nella nostra terra, ciò che fare
il passato qui è nostro.
E’ nostra la prima voce della vita,
nostro il presente … il presente e il futuro
nostra, qui, la vita …e nostra l’eternità.
Fuori dalla nostra patria …
dalla nostra terra … dal nostro mare
dal nostro grano … dal nostro sale
dalla nostra ferita …da ogni cosa.
Uscite dai ricordi della memoria
O voi, viaggiatori tra parole fugaci !….

Mahmud Darwish

il nostro popolo
Il nostro popolo, se imprigionano uno,
e` tutto in rivolta,
e se ammanettano un poeta
tutti diventano poeti.
Il nostro popolo avanza su un ponte di martiri,
per abbracciare l`aurora luminosa,
l`aurora delle feste.

Hanna Abu Hanna


Grafico 1995
Non è per noi, la fine
né di alcuno.

La fine è per chi straniero
non nacque su di un carro,
per chi si trova nei passaggi polverosi
a rinnovarsi nelle parole,

per chi nasce dall'ombra
e da stuoie stracciate.

Mentre aravamo,
loro ridevano
riempendoci le tasche di terra!

Gassan Zaqtan


A tutti gli uomini raffinati delle Nazioni Unite
Signori d'ogni paese!
A che servono in questri tempi
Le cravatte a mezzogiorno?
Signori d'ogni paese!
Il muschio che mi è cresciuto nel cuore
Ha coperto tutte le "pareti di vetro".
A che potrebbero servire in questi tempi
Le infinite riunioni,
gli importanti discorsi,
le spie,
le parole delle prostitute...
e le discussioni? [...]
Signori d'ogni paese!
Che la mia vergogna sia una peste
e un serpente il mio dolore
O scarpe nere e lucide di ogni terra!
La imia ira è tanto più forte della mia voce...
io senza mani!

Samih al-Qasim


Discorso al mercato dell'eroismo
[...] Lotterò fino all'ultima pulsazione delle mie vene!
Forse mi ruberai l'ultimo palmo della mia terra,
forse darai la mia giovinezza in pasto alla prigione,
forse ti precipiterai sull'eredità di mio nonno...masserizia, vasi, giare...
forse brucerai le mie poesie e i miei libri,
forse nutrirai i cani con la mia carne [...]
ma non mercanteggerò!
Lotterò fino all'ultima pulsazione delle mie vene [...]

Samih al-Qasim


Labbra tagliate
Avrei voluto narrarvi
la storia di un usignolo morto
avrei voluto narrarvi
una storia...
ma mi hanno tagliato le labbra!

Samih al-Qasim

Il nemico del sole
Perderò, forse, lo stipendio,
come tu lo desideri;
sarò costretto a vendere abito e materasso;
farò, forse, il portatore di pietre;
il facchino,
lo zappino di strada
oppure l’operaio in una officina;
forse sarò anche costretto a cercare nei letami
per trovare un grano da mangiare;
o forse morirò nudo e affamato.
Ciò malgrado non mi rassegnerò mai a te,
o menico del sole!
Ma resisterò fino all’ultima goccia
di suange nelle mie vene.

Tu mi potresti rubare l’ultimo palmo di suolo;
saresti capace di dare alle prigioni
la mia giovane età;
di privarmi dell’eredità di mio nonno:
degli arredamenti, degli utensili casalinghi
e dei recipienti.
Saresti pure capace di dare al fuoco
le mie poesie ed i libri miei
ed ai cani la mia carne.
Saresti – come è vero – un incubo
sul cuore del nostro villaggio,
o nemico del sole!
Ciò malgrado, non mi rassegnerò mai a te
e, fino all’ultima goccia
di sangue nelle mie vene
resisterò!...

Potresti spegnermi la luce che m’illumina la notte
e privarmi di un bacio di mia madre;
i ragazzi vostri sarebbero capaci di insultare
il mio popolo e mio padre;
qualche vigliacco di voi sarebbe capace di
falsificare pure la mia storia;
Tu stesso potresti privare i figli miei
di un abito di festa;
saresti capace di ingannare,
con falso volto,
gli amici miei,
crocifiggermi i giorni su una visione umiliante,
o nemico del sole!
Ciò malgrado, non mi rassegnerò mai a te
e, fino all’ultima goccia di sangue nelle mie vene
resisterò!...

O nemico del sole!
Nel porto vedo degli ornamenti,
dei segni di gioia;
sento delle voci allegre
e degli applausi entusiasti
che infuocano d’allegria la gola;
e nell’orrizonte vedo una vela
che sfida il vento e le onde
sormontando con fiducia i pericoli!

Questo è il ritorno di Ulisse
dal mare dello smarrimento.
Questo è il ritorno del sole
E dell’uomo espatriato!...
Per gli occhi di lui e della amata terra
giuro di non rassegnarmi mai a te
e fino all’ultima goccia di sangue nelle vene,
resisterò,
resisterò,
resisterò!...

Samih al-Qasim
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